Valori antichi per un problema moderno: l’arte marziale digitale contro il cyberbullismo

“Hai sentito in tv? C’è un’altra ragazza che si è tolta la vita a causa del cyberbullismo”. Persino mio padre, che ha più di settantanni, ormai utilizza abitualmente questo termine, entrato di prepotenza nell’uso comune, spesso grazie a notizie tragiche puntualmente seguite dal solito coro di sdegno e richieste di censurare, più o meno legalmente, i contenuti in rete.

Negli ultimi tempi le iniziative per contrastare il fenomeno del cyberbullismo nel nostro paese si sono moltiplicate rapidamente: si va dagli incontri educativi nelle scuole, alle fiaccolate, dalle attività svolte nelle parrocchie, alle prese di posizione di personaggi dello sport e dello spettacolo.

Troppo spesso però il messaggio è rivolto esclusivamente ai bulli: il mondo degli adulti fatica a comprendere questo fenomeno e si limita, in molti casi, a cercare di reprimerlo piuttosto che a comprenderlo e a prevenirlo.

Dal 2014 a Genova si sta tentando un approccio radicalmente differente: educare adulti e ragazzi alla prevenzione delle aggressioni digitali, utilizzando metodologie e valori antichi uniti alla conoscenza delle moderne tecnologie, senza demonizzare la rete.

Si tratta dello Zanshin Tech: la prima arte marziale digitale della storia.

Il concetto alla base di questa disciplina è in realtà molto semplice: le arti marziali tradizionali giapponesi hanno sviluppato, nel corso dei secoli, un sistema educativo che porta a cambiare il proprio approccio con il mondo, fornendo una serie di valori utili alla crescita personale dei giovanissimi. Lo scopo è quello di cambiare se stessi per essere pronti allo scontro, insegnando al tempo stesso che lo scontro non è quasi mai necessario.

Nel Giappone antico, infatti, il Samurai era colui che si addestrava al combattimento con il preciso scopo di servire la comunità (samurai significa appunto servitore) e di vigilare affinché la pace e l’armonia non venissero turbate.

Il termine giapponese 武 (“Bu”) che in italiano viene tradotto con “marziale” è in realtà legato al concetto di “armi che fermano altre armi”: il guerriero giapponese non aspira, cioé, a fama e conquiste militari, quanto piuttosto a mantenere l’equilibrio della società.

Unendo questi valori a conoscenze tecnologiche specifiche, lo Zanshin Tech si propone di formare Guerrieri Digitali: veri e propri samurai moderni, in grado di evitare lo scontro e di difendere, se necessario, amici e compagni di scuola, sempre rispettando il codice d’onore che impone, tra le altre cose, di non attaccare per primi e di portare rispetto anche al proprio aggressore.

Ma come ci si difende dal cyberbullismo?

Prima di tutto occorre comprendere che il termine cyberbullismo è troppo generico e viene spesso utilizzato a sproposito: Carolina Picchio, suicidatasi nel 2013 a quattordici anni, è stata sommersa dall’odio dei suoi stessi coetanei; Daniel Perry, che di anni ne aveva 17, si è tolto la vita in seguito ad una estorsione per alcuni video hard che lui stesso aveva inviato ad una ragazza conosciuta online; Amanda Todd, forse il caso più famoso in assoluto legato al termine cyberbullismo, si è tolta la vita dopo due anni di persecuzioni scaturite da quello che a tutti gli effetti era un adescamento da parte di un pedofilo olandese.

A tutto questo si aggiunge un profondo gap generazionale: se per un adulto questo termine indica un preciso tipo di aggressione, spesso collegato ad uno o più reati aventi un nome specifico (estorsione, minacce, adescamento, ecc), per un adolescente cyberbullismo indica praticamente qualunque attacco digitale. Un ragazzino o una ragazzina, se mai avrà il coraggio di parlare di cosa le sta accadendo, utilizzerà questo termine per indicare l’incubo in cui si trova e da cui non sa come uscire.

Non possiamo quindi insegnare ad un ragazzino o a una ragazzina a difendersi dal cyberbullismo tout court, perché questo termine indica una miriade di azioni specifiche, distribuite nel tempo e aventi caratteristiche molto diverse tra loro: sarebbe come voler organizzare un corso di autodifesa dalle rapine oppure un corso per difendersi dalle violenze carnali.

Le aggressioni fisiche, infatti, indipendentemente dallo scopo dell’aggressore, sono composte da singoli attacchi (calci, pugni, prese al polso, ecc) ed è imparando a fermare questi attacchi che una persona può influenzare il corso dell’intera aggressione riuscendo a contrastarla o addirittura a prevenirla.

L’aggressione digitale non è diversa da quella fisica: le tecniche di attacco sono ovviamente legate al mondo dell’informatica, ma si ripetono in maniera costante, costituendo di fatto la base di ogni tipo di violenza digitale (cyberbullismo, adescamento, cyberstalking, ecc)

Ciò che differenzia nettamente l’aggressione digitale dalla sua controparte fisica è la presenza della fase preliminare: nel mondo digitale l’aggressore non inizia quasi mai un attacco senza aver prima raccolto informazioni sul suo bersaglio, magari contattandolo tramite un falso profilo, per poi guadagnarsi la sua fiducia e portarlo ad esporre informazioni sensibili.

Questo elemento è dettato dalla peculiare natura del mondo digitale, dove l’aggressore non ha alcun potere fino a che non è il bersaglio stesso a concederglielo: sono io che rivelo al mio aggressore ciò che mi può fare del male (foto, filmati, informazioni bancarie) e anche nei casi in cui si arriva al suicidio, l’aggressore non interviene direttamente, ma convince la sua vittima a togliersi la vita, prendendo di fatto in prestito il suo corpo per nuocerle.

Per questo motivo i valori tradizionali delle arti marziali sono così efficaci nel mondo digitale: insegnando ad un adolescente a conoscere e rispettare se stesso e a mantenere una vigilanza serena ma costante, lo renderemo capace di prevenire qualunque attacco.

Fermare una aggressione quando è ancora in fase preliminare non è solamente più semplice: è anche più etico, perché se si agisce nel modo corretto si riuscirà addirittura ad impedire che il proprio aggressore compia un reato, salvandolo così dalla sua stessa stupidità. In alcuni casi di cyberbullismo fermati grazie allo Zanshin Tech, il bersaglio ha convinto il proprio aggressore a rivedere la sua condotta, aiutando così un coetaneo a comprendere i rischi di un comportamento che di lì a poco sarebbe potuto sfociare in reati gravi.

La conoscenza tecnologica è un altro elemento imprescindibile: conoscere il terreno su cui ci si muove è fondamentale per agire d’anticipo e tutelarsi in rete.

Nello Zanshin Tech vengono insegnate tecniche specifiche come il tracciamento di un numero di cellulare per risalire all’identità di una persona, l’analisi di un profilo per estrarne informazioni, l’OSINT (indagini informatiche con sorgenti aperte) e la messa in sicurezza dei propri account.

La legalità è un elemento che viene spesso sottolineato: niente di ciò che viene insegnato è illegale di per sé e agli allievi viene ripetuto che in caso di reati è necessario rivolgersi alle autorità. Chi pratica arti marziali non deve mai considerarsi un giustiziere e ha come obbligo morale il rispetto delle leggi del proprio paese.

L’ultimo elemento che caratterizza l’insegnamento dello Zanshin Tech è la socialità: non è possibile imparare questa disciplina stando comodamente seduti davanti al proprio pc; è necessario recarsi in un dojo (una luogo dedicato alla pratica delle arti marziali) ed esercitarsi assieme ad altre persone, divenendo così parte di un gruppo. I Guerrieri Digitali, inoltre, si addestrano a notare specifici segnali di allarme nei propri coetanei, in modo da poter intervenire in caso di aggressioni ai danni di terzi, supportando il bersaglio ed aiutandolo a gestire il conflitto.

Lo Zanshin Tech non è e non vuole essere la soluzione definitiva al cyberbullismo: un fenomeno di questo tipo può essere fermato unicamente dall’azione congiunta di più fattori volti a provocare un radicale cambiamento della società, ed è in questo senso che questa disciplina è stata pensata.

Il primo dojo di Zanshin Tech ha iniziato la sua attività nel 2014, oggi le strutture attive sono 4 e più di 100 nuovi maestri sono in corso di formazione in tutta Italia.

La speranza è che questa disciplina possa contribuire a formare ragazzi ed adulti più sereni e preparati, dotati di forti valori di lealtà, umanità e giustizia, veri e propri punti fermi all’interno del mutevole mondo di Internet.

Suggerimenti bibliografici

  • https://zanshintech.it/
    sito ufficiale della disciplina con informazioni su tutti i dojo d’Italia
  • “La mente senza catene. Scritti di un maestro Zen a un maestro di spada”, Takuan Sôhô, Edizioni Mediterranee
    Uno dei testi base per il praticante di arti marziali che voglia superare il mero esercizio fisico e comprendere i valori più profondi dei Samurai

 

A cura di: Claudio Canavese (CoD), Maestro fondatore di Zanshin Tech

Profilo Autore

Maestro fondatore di Zanshin Tech
Claudio Canavese (CoD su Internet) è sviluppatore software presso l'Università degli Studi di Genova nell'ambito delle tecnologie per il web.

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