Digital Services Act', simbolo della regolamentazione delle grandi piattaforme digitali come TikTok, Meta, X, YouTube e Amazon, e della tutela dei diritti fondamentali e della trasparenza nell'era digitale.

Il Digital Services Act e l’enforcement contro le Very Large Online Platforms: rivoluzione normativa nell’era della moderazione algoritmica

Nel cuore di Bruxelles, nei corridoi austeri della Commissione Europea, si è consumata negli ultimi anni una delle più straordinarie trasformazioni del potere mai tentate nell’era digitale. Non si tratta di una rivoluzione combattuta con le armi tradizionali della politica, ma di una guerra silenziosa condotta attraverso articoli di legge, procedimenti formali e database di trasparenza che stanno ridefinendo l’equilibrio tra il potere pubblico e i colossi tecnologici globali.

Il Digital Services Act – un nome apparentemente tecnico che nasconde dietro di sé l’ambizione di riscrivere le regole del gioco digitale per mezzo miliardo di europei – rappresenta oggi la più audace sfida mai lanciata contro l’egemonia delle piattaforme digitali. È una storia che inizia con un regolamento europeo e si trasforma in un epico confronto tra due visioni del mondo: quella di Silicon Valley, dove la libertà d’impresa incontra pochi limiti, e quella europea, dove i diritti fondamentali pretendono di porre argini al capitalismo digitale selvaggio.

Digital Services Act: la genesi di una rivoluzione normativa

Quando il Regolamento (UE) 2022/2065 entrò in vigore quel freddo 16 novembre 2022, pochi immaginarono che stessimo assistendo all’alba di una nuova era. Eppure, dietro quelle centinaia di articoli si celava un’ambizione rivoluzionaria: trasformare Internet da far west digitale in uno spazio regolamentato, dove le piattaforme non sarebbero più state semplici intermediari neutrali, ma attori responsabili del benessere collettivo europeo.

Il legislatore europeo aveva compreso una verità fondamentale che sfuggiva ai suoi omologhi oltreoceano: nell’era dell’informazione, chi controlla gli algoritmi controlla la realtà. Non si trattava più di regolamentare semplici servizi digitali, ma di disciplinare le nuove cattedrali dell’informazione globale, dove miliardi di decisioni algoritmiche plasmano quotidianamente il modo in cui percepiamo il mondo, consumiamo informazioni e interagiamo con i nostri simili.

Il DSA non è nato dall’oggi al domani, ma rappresenta il culmine di un lungo processo di maturazione politica europea. Dopo anni di scandali – da Cambridge Analytica alle interferenze elettorali, dalla diffusione di fake news all’odio online – l’Europa aveva finalmente trovato il coraggio di affermare la propria sovranità digitale. Il 17 febbraio 2024, quando il regolamento divenne pienamente applicabile, non fu semplicemente una data nel calendario legislativo, ma l’inizio di un nuovo capitolo nella storia del potere digitale globale.

L’anatomia del potere: le Very Large Online Platforms

Al centro di questa rivoluzione normativa si trova un concetto apparentemente tecnico ma profondamente politico: le Very Large Online Platforms, quelle cattedrali digitali che superano la soglia magica di 45 milioni di utenti attivi mensili nell’Unione Europea. Non si tratta di un numero casuale, ma di una precisa scelta politica: il 10% della popolazione europea rappresenta quel punto di non ritorno oltre il quale una piattaforma digitale cessa di essere un semplice servizio commerciale per diventare un’infrastruttura critica della democrazia contemporanea.

L’elenco di queste 23 piattaforme designate legge oggi come un Who’s Who del potere digitale globale: Facebook e Instagram, gli imperi social di Mark Zuckerberg; TikTok, la fenomenale creazione cinese che ha conquistato le menti dei giovani europei; X, l’ex Twitter trasformato dal visionario e controverso Elon Musk; YouTube, la biblioteca video dell’umanità; Amazon, il bazaar digitale globale. Ognuna di queste piattaforme non è più considerata un semplice servizio commerciale, ma un attore sociale con responsabilità sistemiche verso la democrazia europea.

L’articolo 25 del DSA, con la sua definizione apparentemente asettica delle soglie dimensionali, nasconde in realtà una rivoluzione copernicana nel modo di concepire il rapporto tra tecnologia e società. Per la prima volta nella storia, l’Europa ha osato dire che la dimensione conta, che oltre una certa scala l’impatto sociale di una piattaforma diventa così significativo da richiedere obblighi speciali e responsabilità particolari.

Il paradigma del rischio sistemico: una nuova filosofia del controllo

Ciò che rende il DSA genuinamente rivoluzionario non è tanto la sua ambizione regolatoria, quanto la sofisticatezza filosofica del suo approccio. L’articolo 34, nel suo linguaggio giuridico apparentemente arido, introduce un concetto che cambierà per sempre il modo in cui pensiamo alla responsabilità delle piattaforme digitali: il rischio sistemico.

Non si tratta più di aspettare che il danno si manifesti per poi reagire, ma di anticiparlo, prevederlo, mapparlo nelle sue molteplici manifestazioni. Le piattaforme sono ora chiamate a guardarsi allo specchio e riconoscere come i loro algoritmi possano amplificare quattro tipologie fondamentali di rischi: la disseminazione virale di contenuti illegali, l’erosione dei diritti fondamentali, la distorsione dei processi democratici e civici, e l’incubazione di violenza di genere e danni al benessere collettivo.

È una filosofia del controllo che trasforma le piattaforme da semplici intermediari tecnologici in custodi della salute digitale della società. Non possono più nascondersi dietro il velo dell’ignoranza algoritmica o della neutralità tecnologica. Devono guardarsi dentro, comprendere come funzionano i loro sistemi, riconoscere i rischi che generano e, soprattutto, agire per mitigarli.

L’articolo 35, che traduce queste valutazioni in obblighi concreti di mitigazione, rappresenta forse il passaggio più audace di tutta la normativa. Non si limita a chiedere trasparenza o informazioni, ma pretende cambiamenti strutturali: modifiche agli algoritmi, revisioni delle politiche di moderazione, persino ripensamenti delle funzionalità di base del servizio. È la democrazia europea che chiede alle piattaforme di riprogettarsi per servire meglio il bene comune.

La grande inquisizione: i procedimenti di enforcement

L’applicazione del DSA ha dato vita a quello che gli storici del futuro potrebbero definire come la “Grande Inquisizione Digitale” europea. Non si tratta di una persecuzione arbitraria, ma di un metodico e rigoroso processo di verifica della conformità che ha portato la Commissione Europea ad aprire procedimenti formali contro praticamente tutti i maggiori attori del panorama digitale globale.

Il sramma di TikTok: quando l’Oriente incontra l’Occidente

La saga di TikTok rappresenta forse il caso più affascinante e complesso dell’intero panorama di enforcement del DSA. La piattaforma cinese, con la sua capacità quasi magica di catturare l’attenzione di centinaia di milioni di giovani europei, si è trovata al centro di un vortice di procedimenti che riflettono tutte le tensioni geopolitiche dell’era contemporanea.

Il primo procedimento, avviato il 19 febbraio 2024, ha messo sotto la lente d’ingrandimento le politiche di protezione dei minori della piattaforma, sollevando interrogativi fondamentali su come un algoritmo progettato per massimizzare l’engagement possa interagire con menti giovani e impressionabili. Ma è stato il procedimento sui rischi elettorali, scaturito dalle controverse elezioni presidenziali rumene del dicembre 2024, a rivelare la dimensione geopolitica della questione: una piattaforma controllata da una società cinese può influenzare i processi democratici europei?

I rilievi preliminari del 17 maggio 2025 sul repository pubblicitario hanno segnato un momento storico: per la prima volta, la Commissione Europea ha formalizzato una violazione specifica del DSA con la concreta prospettiva di sanzioni pecuniarie. TikTok, la piattaforma che aveva conquistato l’Europa attraverso video di danza e meme virali, si è improvvisamente trovata a fronteggiare la possibilità di multe che potrebbero raggiungere il 6% del suo fatturato globale.

Meta: l’impero di Zuckerberg sotto assedio

Se TikTok rappresenta la giovane outsider che ha conquistato l’Europa dall’esterno, Meta incarna invece l’establishment del potere digitale che si trova a dover ripensare le sue fondamenta. I procedimenti contro il colosso di Menlo Park, avviati rispettivamente il 30 aprile e il 16 maggio 2024, toccano il cuore stesso del modello di business delle piattaforme social: la capacità di catturare e mantenere l’attenzione degli utenti attraverso meccanismi di design sempre più sofisticati.

Il caso del “design additivo” rappresenta una delle sfide intellettuali più affascinanti dell’intera saga DSA. Come si dimostra che un algoritmo progettato per essere coinvolgente attraversa la linea sottile che separa l’engagement legittimo dalla manipolazione psicologica? Come si bilanciano i diritti dei minori alla protezione con i diritti degli adulti alla libertà di scelta? Sono domande che vanno ben oltre la tecnologia e toccano questioni filosofiche fondamentali sulla natura della libertà nell’era digitale.

La decisione di dismettere CrowdTangle il 14 agosto 2024, proprio nel mezzo di un periodo elettorale cruciale, ha aggiunto un altro livello di complessità al caso. Meta ha sostenuto di aver fornito alternative adeguate, ma la Commissione ha visto in questa mossa un tentativo di limitare la trasparenza e ostacolare la ricerca indipendente sui rischi sistemici delle sue piattaforme.

X: la battaglia esistenziale di Elon Musk

Nessun caso nell’universo DSA è tanto drammatico e filosoficamente ricco quanto quello di X, l’ex Twitter trasformato dalla visione iconoclasta di Elon Musk. Il procedimento avviato il 18 dicembre 2023 ha assunto rapidamente i contorni di una battaglia esistenziale tra due concezioni radicalmente diverse della libertà di espressione e della responsabilità delle piattaforme.

Musk, con la sua retorica libertaria e la sua avversione viscerale per quello che considera un eccesso di regolamentazione europea, ha trasformato la sua piattaforma in un laboratorio di sperimentazione sociale dove le tradizionali regole della moderazione dei contenuti sono state stravolte. Il sistema di verifica “spunta blu”, trasformato da simbolo di autenticità a commodity acquistabile, è diventato l’emblema di questa rivoluzione: un esempio perfetto di come le scelte di design apparentemente tecniche possano avere profonde implicazioni sociali e democratiche.

I rilievi preliminari del 12 luglio 2024 hanno cristallizzato le tensioni in tre aree cruciali: il sistema di verifica ingannevole, la drastica riduzione dei team di moderazione, e il blocco sistematico dell’accesso ai dati per i ricercatori. Ognuna di queste questioni tocca nervi scoperti del dibattito contemporaneo sulla governance digitale: fino a che punto una piattaforma può rivendicare autonomia decisionale quando le sue scelte influenzano il benessere di milioni di cittadini europei?

Il database della verità: 3,5 miliardi di decisioni sotto la luce del sole

Tra tutte le innovazioni introdotte dal DSA, forse nessuna è tanto rivoluzionaria quanto il DSA Transparency Database, lanciato il 26 settembre 2023. In meno di due anni, questo strumento ha raccolto oltre 3,5 miliardi di “Statement of Reasons” – decisioni di moderazione che documentano in tempo reale come le piattaforme interpretano e applicano le loro politiche sui contenuti.

Non si tratta di semplici statistiche, ma del più grande esperimento di trasparenza mai condotto nell’ecosistema digitale globale. Per la prima volta nella storia, possiamo osservare dall’interno il funzionamento della macchina della moderazione dei contenuti, quella infrastruttura invisibile che determina quotidianamente cosa possiamo vedere, condividere e discutere online.

I numeri raccontano storie affascinanti e spesso inquietanti. L’automazione domina il panorama con percentuali che oscillano tra l’85% e il 99% delle decisioni prese da sistemi algoritmici. TikTok si avvicina alla totale automazione, mentre X mantiene ancora circa il 15% di moderazione umana – percentuali che riflettono non solo scelte tecnologiche, ma vere e proprie filosofie della governance dei contenuti.

Ancora più rivelatore è il problema delle disparità linguistiche. Il database mostra chiaramente come la capacità di moderazione vari drammaticamente a seconda della lingua: gli utenti che comunicano in inglese, francese, tedesco o spagnolo godono di livelli di protezione significativamente superiori rispetto a coloro che utilizzano lingue minoritarie dell’Unione. È una forma di cittadinanza digitale di serie A e di serie B che il DSA intende affrontare ma che rivela la complessità di governare uno spazio digitale veramente inclusivo e multilingue.

Come il DSA ha cambiato internet

L’effetto più sorprendente del DSA non è stato quello di spingere le piattaforme ad abbandonare il mercato europeo – come molti pessimisti avevano previsto – ma di stimolare una ondata di innovazione e ripensamento strutturale che ha trasformato l’esperienza digitale di milioni di utenti europei.

L’articolo 38, con il suo apparentemente tecnico obbligo di fornire sistemi di raccomandazione non basati sulla profilazione, ha scatenato una gara all’innovazione che ha prodotto risultati inaspettati. TikTok, Facebook e Instagram hanno introdotto feed cronologici come alternative ai loro algoritmi di personalizzazione, restituendo agli utenti un grado di controllo sulla propria esperienza digitale che sembrava perduto per sempre.

YouTube ha sperimentato con opzioni di feed alternative e livelli di trasparenza sui parametri di raccomandazione che erano impensabili solo pochi anni fa. LinkedIn ha intrapreso la strada degli algoritmi “explicabili” che tentano di demistificare il funzionamento dei sistemi di raccomandazione. Sono esperimenti ancora imperfetti e spesso goffi, ma rappresentano i primi passi verso una nuova generazione di piattaforme digitali progettate non solo per massimizzare l’engagement, ma per servire gli interessi a lungo termine degli utenti e della società.

Il cambiamento più profondo, tuttavia, è avvenuto nei consigli di amministrazione e nelle sale riunioni delle grandi piattaforme, dove il DSA ha imposto un nuovo linguaggio e nuove priorità. Termini come “rischio sistemico”, “valutazione di impatto”, “mitigazione” sono diventati parte del vocabolario quotidiano di manager e ingegneri che fino a ieri ragionavano esclusivamente in termini di crescita degli utenti e massimizzazione dei ricavi.

La sentenza che ha scosso Bruxelles

Il 10 settembre 2025, il Tribunale dell’Unione Europea ha emesso una sentenza che ha mandato onde d’urto attraverso i corridoi della Commissione Europea e i boardroom delle grandi piattaforme digitali. Con le sentenze T-55/24 e T-58/24, il Tribunale ha annullato le decisioni della Commissione sui contributi di vigilanza per Meta e TikTok, non per questioni sostanziali ma per vizi procedurali.

La sentenza non ha messo in discussione la validità o l’ambizione del DSA, ma ha mandato un messaggio chiaro: anche nella rivoluzione digitale, le forme contano quanto la sostanza. L’Europa può aspirare a regolamentare i giganti tecnologici globali, ma deve farlo rispettando rigorosamente i propri principi di due process e garanzie procedurali.

Per le piattaforme, la sentenza ha rappresentato una vittoria tattica in una guerra strategica che rimane lontana dalla conclusione. Per la Commissione, è stata un richiamo alla prudenza procedurale che ha già iniziato a influenzare la conduzione dei procedimenti successivi. Per gli osservatori, è stata la dimostrazione che il sistema di checks and balances europeo funziona anche nell’era digitale, e che nemmeno l’urgenza di regolamentare le piattaforme può giustificare scorciatoie procedurali.

L’Europa e l’America: due visioni del mondo a confronto

Il DSA non esiste nel vuoto, ma si colloca in un contesto geopolitico più ampio dove l’Europa e gli Stati Uniti rappresentano due filosofie radicalmente diverse della governance digitale. Da un lato, la Section 230 americana, con la sua protezione quasi assoluta delle piattaforme dalla responsabilità per i contenuti dei loro utenti; dall’altro, il DSA europeo, con la sua richiesta di rimozione “tempestiva” dei contenuti illegali e la sua enfasi sulla responsabilità sistemica delle piattaforme.

È uno scontro tra due concezioni del mondo: quella americana, radicata nella tradizione del primo emendamento e nella fiducia nel mercato come regolatore ultimo della verità; e quella europea, fondata sulla convinzione che i diritti fondamentali richiedano protezioni attive e che il mercato da solo non possa garantire il benessere collettivo.

L’assenza di un chiaro “Effetto Bruxelles” – quella dinamica che aveva portato il GDPR a influenzare le pratiche di privacy globali – rivela la complessità e la resistenza che il DSA incontra nel suo tentativo di ridefinire le regole del gioco digitale globale. Le piattaforme si trovano sempre più spesso a dover navigare tra sistemi normativi incompatibili, creando versioni diverse dei loro servizi per mercati diversi e alimentando il rischio di una frammentazione dell’Internet globale.

Intelligenza artificiale e nuovi frontiere digitali

Mentre il DSA continua la sua marcia attraverso i tribunali e gli uffici legali delle grandi piattaforme, nuove sfide tecnologiche si profilano all’orizzonte. L’esplosione dell’intelligenza artificiale generativa, con ChatGPT e i suoi concorrenti che stanno ridefinendo il modo in cui interagiamo con l’informazione, pone domande inedite sulla responsabilità delle piattaforme e sui rischi sistemici.

Il metaverso e le tecnologie di realtà virtuale promettono di creare spazi digitali ancora più immersivi e potenzialmente manipolativi, dove le tradizionali categorie di moderazione dei contenuti potrebbero risultare inadeguate. Le piattaforme di social commerce stanno trasformando il confine tra socializzazione e consumo, creando nuove forme di rischio che il framework attuale del DSA potrebbe non essere in grado di catturare completamente.

L’Europa si trova quindi di fronte a una sfida duplice: da un lato, portare a termine l’implementazione del DSA e dimostrare che la regolamentazione delle piattaforme digitali è possibile ed efficace; dall’altro, iniziare a immaginare come questo framework possa evolversi per affrontare le sfide tecnologiche del futuro.

Verso un nuovo contratto sociale digitale

Oggi, a distanza di due anni dall’entrata in vigore del DSA, possiamo iniziare a intravedere i contorni di quello che potrebbe essere un nuovo contratto sociale digitale. Non più la Silicon Valley che detta unilateralmente le regole del gioco digitale globale, ma un dialogo più equilibrato tra innovazione tecnologica e valori democratici, tra efficienza degli algoritmi e diritti fondamentali, tra libertà di espressione e responsabilità sociale.

Il DSA non è perfetto, né potrebbe esserlo. È un esperimento in corso, un work in progress che richiederà anni di aggiustamenti, interpretazioni giurisprudenziali e adattamenti tecnologici. Ma rappresenta qualcosa di fondamentale: la dimostrazione che le democrazie possono ancora affermare la propria sovranità nell’era digitale, che i cittadini possono ancora pretendere che la tecnologia serva l’umanità e non viceversa.

I 3,5 miliardi di decisioni di moderazione catalogate nel DSA Transparency Database non sono solo statistiche, ma testimonianze di una trasformazione in corso. Ogni procedimento aperto contro una grande piattaforma non è solo un atto amministrativo, ma un mattone nella costruzione di un nuovo equilibrio tra potere pubblico e potere privato nell’era digitale.

La storia del DSA è lungi dall’essere conclusa. Nei prossimi anni vedremo evolversi questa grande partita tra l’Europa e i giganti digitali globali, con nuove sfide, nuove tecnologie e nuove possibilità di innovazione normativa. Ma una cosa è già certa: l’era in cui le piattaforme digitali potevano operare come territori franchi, liberi da ogni responsabilità sociale, è definitivamente tramontata.

Il futuro digitale dell’Europa – e forse del mondo – si sta scrivendo oggi, nelle aule dei tribunali, nei database di trasparenza e nei boardroom delle grandi piattaforme. È una storia che merita di essere seguita con l’attenzione che riserviamo agli eventi che cambiano il corso della storia. Perché, in fondo, è esattamente quello che sta accadendo.

Fonti:

Regolamento (UE) 2022/2065 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativo a un mercato unico dei servizi digitali e che modifica la direttiva 2000/31/CE (Regolamento sui servizi digitali). Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, L 277, 27.10.2022, pp. 1-102.

Commissione Europea. (2023, 18 dicembre). DSA: Commission opens formal proceedings against X. Comunicato stampa IP/23/6709.

Commissione Europea. (2024, 19 febbraio). DSA: Commission opens formal proceedings against TikTok. Comunicato stampa IP/24/926.

Commissione Europea. (2024, 30 aprile). Commission opens formal proceedings against Facebook and Instagram under the Digital Services Act. Comunicato stampa IP/24/2373.

Commissione Europea. (2024, 16 maggio). DSA: Commission opens formal proceedings against Meta. Comunicato stampa IP/24/2664.

Commissione Europea. (2024, 12 luglio). Commission sends preliminary findings to X for breach of DSA. Comunicato stampa IP/24/3761.

Commissione Europea. (2024, 31 ottobre). Commission opens formal proceedings against Temu under the Digital Services Act. Digital Strategy.

Commissione Europea. (2025, 17 maggio). Commission preliminarily finds TikTok’s ad repository in breach of the Digital Services Act. Digital Strategy.

Commissione Europea. (2025, 28 luglio). Commission preliminarily finds Temu in breach of the Digital Services Act in relation to illegal products on its platform. Comunicato stampa IP/25/3889.

Commissione Europea. (2023-2025). DSA Transparency Database. Direzione Generale delle Reti di Comunicazione, dei Contenuti e delle Tecnologie.

Commissione Europea. (2025). Supervision of the designated very large online platforms and search engines under DSA.

Kaushal, R., Van De Kerkhof, J., Goanta, C., Spanakis, G., & Iamnitchi, A. (2024). Automated Transparency: A Legal and Empirical Analysis of the Digital Services Act Transparency Database. Proceedings of the 2024 ACM Conference on Fairness, Accountability, and Transparency, 1121-1132.

Trujillo, A., Fagni, T., & Cresci, S. (2025). The DSA Transparency Database: Auditing self-reported moderation actions by social media. arXiv preprint arXiv:2312.10269v4.

Parlamento Europeo, Think Tank. (2024, 21 novembre). Enforcing the Digital Services Act: State of play. EPRS Briefing.

DSA Observatory. (2024, 20 dicembre). TikTok and the Romanian elections: A stress test for DSA enforcement.

Eucrim. (2025, gennaio). Overview of the Latest Developments on the DSA: November 2024-January 2025. European Criminal Law Review.

Eucrim. (2024, settembre). Overview of the Latest Developments Regarding the Digital Services Act (April-September 2024). European Criminal Law Review.

Condividi sui Social Network:

Ultimi Articoli

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI ICT SECURITY MAGAZINE

Una volta al mese riceverai gratuitamente la rassegna dei migliori articoli di ICT Security Magazine

Rispettiamo totalmente la tua privacy, non cederemo i tuoi dati a nessuno e, soprattutto, non ti invieremo spam o continue offerte, ma solo email di aggiornamento.
Privacy Policy