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Competizione USA-Cina nell’intelligenza artificiale: profili tecnologici, geopolitici, economici e militari

La corsa all’intelligenza artificiale tra Stati Uniti e Cina si configura sempre più come una “guerra fredda tecnologica”. Da un lato, Washington e le grandi aziende della Silicon Valley (OpenAI, Google, Microsoft, Nvidia) guidano la ricerca globale; dall’altro, Pechino accelera con una strategia statale centralizzata, massicci investimenti e infrastrutture avanzate. Questa rivalità riguarda non solo le performance dei singoli modelli o chip, ma investe ambiti trasversali – tecnologia, geopolitica, economia, difesa – che ridefiniscono l’egemonia digitale mondiale. L’«AI e difesa militare» è ormai un tema di primo piano, così come la sicurezza informatica basata su tecnologie di IA.

Dimensione tecnologica della competizione USA-Cina: chip, modelli linguistici e supercalcolo

Sul piano tecnologico, la competizione USA-Cina si gioca su più fronti: dall’ultimo chip al modello di linguaggio più sofisticato, fino alle infrastrutture di calcolo di massa. Gli Stati Uniti mantengono un vantaggio strutturale nei semiconduttori avanzati e nel supercalcolo: il supercomputer Frontier (Oak Ridge) ha inaugurato l’era exascale (oltre 1 exaflop) e gli USA contano in esclusiva su tre sistemi exascala (Frontier, El Capitan, Aurora) certificati dal TOP500.

L’Europa prepara il primo exascale “Jupiter” (Germania 2024), mentre la Cina rivendica sistemi esascala propri (ancora secretati). Nel settore dei chip, i processori GPU statunitensi (soprattutto NVIDIA) dominano il mercato IA: le più avanzate GPU per AI sono prodotte negli USA. Per questo Washington ha imposto severe restrizioni all’export di chip AI e software EDA verso la Cina. Queste misure colpiscono produttori come TSMC (Taiwan) e Synopsys, costringendo Pechino a puntare sull’autosufficienza e sullo sviluppo di chip nazionali.

  • Chip e semiconduttori – I processori più avanzati (Nvidia, AMD, Intel) hanno quasi esclusivamente fabbriche negli USA o alleati. Nel 2024 gli Stati Uniti hanno vietato l’uso globale dei chip AI di Huawei (Ascend), mentre hanno temporaneamente allentato le restrizioni per alleati del Medio Oriente in cambio di data center (Emirati, Arabia Saudita, Qatar). Pechino risponde finanziando un’intera filiera domestica: il settore è sostenuto da incentivi federali e regionali, con progetti pubblici come il Beijing AI Park (2 miliardi di $) e aziende statali come Huawei, ZTE e SMIC sottoposte a sostegno statale.
  • Modelli linguistici e algoritmi – Le aziende USA sviluppano modelli proprietari (OpenAI GPT, Google Gemini) in gran parte chiusi, mentre in Cina cresce l’ecosistema open source. Ad esempio Baidu ha deciso di rendere open-source il suo modello Ernie 4.5 dal giugno 2025; la startup cinese DeepSeek ha già un chatbot competitivo con GPT-4. Nel 2024 gli USA hanno prodotto oltre 40 modelli generativi di rilievo (foundation model), la Cina circa 15. La differenza si sta riducendo: i modelli cinesi (ad es. DeepSeek R1) offrono prestazioni analoghe a GPT-4 con costi di calcolo inferiori. In Oriente la penetrazione dell’IA è inoltre favorita da una massa di dati senza precedenti: l’ecosistema digitale cinese genera oltre il 40% dei dati mondiali utilizzabili per l’addestramento IA, un vantaggio strutturale che alimenta i progressi nei modelli di machine learning.
  • Supercalcolo e infrastrutture – Il calcolo di massa è cruciale per addestrare i grandi modelli AI. Negli USA centri HPC come Oak Ridge e Argonne sono pronti a lanciare nuovi supercomputer (El Capitan, Aurora) con potenze 3–5 volte superiori a Frontier. La Cina ha investito in supercalcolo e afferma di possedere sistemi esascala, anche se i risultati non sono ancora pubblici. Complessivamente la capacità di supercalcolo globale è un campo di gara: molti progetti puntano all’esacale, e per il 2024 la Cina e l’Europa schiereranno i loro primi exascale. Anche infrastrutture come data center e reti di calcolo distribuito diventano ambiti strategici in cui gli USA possono rimanere indietro senza investimenti massicci.

Dimensione geopolitica: egemonia digitale e diplomazia tecnologica

La geopolitica dell’intelligenza artificiale riflette un conflitto più ampio per l’egemonia digitale globale. Gli Stati Uniti considerano l’IA un elemento chiave della propria supremazia tecnologica e usano il potere normativo e commerciale per contenerne l’ascesa cinese.

La mossa più recente è stata l’estensione globale del divieto all’uso di chip Huawei (Ascend), spostando l’asse della competizione verso blocchi tecnologici compatibili. Nel maggio 2025, il governo USA ha ulteriormente ribadito la natura strategica delle tecnologie AI: un’audizione del Senato ha sottolineato che il vantaggio americano si sta rapidamente erodendo, mentre la visita presidenziale di giugno nel Golfo Persico ha sancito alleanze di tecnologie con partner islamici attraverso accordi di chip e data center. L’inedita «blocco formation» del contesto globale sembra chiaramente delineata: non è più solo uno scontro tra modelli IA, ma tra ecosistemi digitali concorrenti, dove ogni alleanza – dal QUAD (Stati Uniti, India, Giappone, Australia) all’Accordo di Parigi sul clima digitale – conta.

Dall’altra parte, la Cina sfrutta la sua iniziativa “Belt and Road” per proiettare influenza tecnologica: la Strada Digitale della Seta (Digital Silk Road) promossa dal 2015 investe in infrastrutture 5G, data center, IA e smart city in decine di paesi. Come ricorda il Council on Foreign Relations, il DSR è parte del grande piano BRI e assiste esportatori cinesi (Huawei, Alibaba, ecc.) a creare reti di telecomunicazioni, sorveglianza e AI all’estero. Entro oggi almeno 16 nazioni hanno firmato accordi formali di cooperazione DSR con Pechino, un numero che probabilmente sottovaluta la penetrazione reale (il 40% dei paesi BRI).

Parallelamente, la diplomazia tecnologica è diventata un’arma. Gli Stati Uniti cercano di formare coalizioni “like-minded”: dialoghi tecnici con UE e India, vendite vincolate di chip a Paesi alleati, pressioni sul TSMC per non fornire chip a Huawei. Ad esempio, il Chips and Science Act del 2022 (280 miliardi $) e il National AI Initiative Act coordinano l’intervento pubblico con incentivi al settore privato. Allo stesso tempo, l’amministrazione USA chiede maggiori standard internazionali sull’IA – bias, sicurezza, diritti digitali – come contromossa all’espansione cinese dell’«internet sovrano». Anche gli alleati europei si interrogano sul proprio ruolo: Bruxelles fatica a colmare il gap, ma promuove regolamentazioni rigide (AI Act) nella speranza di conquistare un’influenza normativo/globale.

Dimensione economica: investimenti e leadership industriale

Sul piano economico la competizione è altrettanto serrata. Gli Stati Uniti dominano gli investimenti privati in IA: nel 2024 il settore statunitense ha raccolto circa 109,1 miliardi di dollari, quasi 12 volte quelli della Cina (9,3 miliardi) nello stesso periodo. Complessivamente, gli USA hanno investito nel decennio 2013–2022 quasi 250 miliardi nel settore AI, sostenendo oltre 4.600 startup (con 47 miliardi di nuovi fondi nel 2022).

Anche grazie a questi investimenti privati, le aziende tech americane guidano l’industria IA globale: giganti come Nvidia, Google, Microsoft, Meta, IBM dominano non solo il mercato ma anche i capitali di ricerca (le loro capitalizzazioni superano abbondantemente i 3 trilioni di dollari complessivi). I chip più evoluti (ad esempio le GPU “Blackwell” di Nvidia) sono a stelle e strisce, ed è per questo che Washington ne impedisce l’export verso la Cina, per preservare un vantaggio competitivo nel calcolo avanzato.

La Cina segue un approccio misto: fortissima mobilitazione pubblica e privata. La strategia nazionale AI2030 prevede spese publiche straordinarie e piani per 50 laboratori di deep learning e NLP da finanziare con oltre 30 milioni di dollari ciascuno. A livello subnazionale, governi locali (come Pechino) stanziano ingenti capitali per parchi tecnologici: il parco A-I di Pechino ha ricevuto 2 miliardi di dollari nel 2023. Nel privato, i colossi cinesi Tencent, Alibaba, Baidu creano laboratori congiunti con università top (Tsinghua, Peking). Il risultato è stato la rapida crescita degli investimenti cinesi: benché in cifra assoluta modesta, tra 2018 e 2023 la spesa pubblica+privata cinese in IA è cresciuta a tassi superiori rispetto agli USA.

Questa spinta ha prodotto un “vantaggio di scala”: la Cina detiene oggi circa sei volte il numero di brevetti nel campo dell’IA generativa rispetto agli Stati Uniti. Nel 2014–2023 Pechino ha depositato oltre 38.000 domande di invenzione in IA (per lo più GenAI), mentre gli USA si fermano a circa 6.300.

Tencent, Ping An, Baidu e la Chinese Academy of Sciences sono le entità con più domande in patria. Tuttavia, come sottolinea il WIPO AI Index, gli Stati Uniti guidano ancora in termini di fondazione di modelli IA: circa 203 modelli di base versus solo 20 cinesi. In sostanza, milioni di brevetti cinesi mostrano l’attività di R&S, ma il vantaggio pratico rimane americocentrico grazie al dominio tecnologico nei chip e nelle applicazioni di massa. Infatti l’esplosione di startup AI negli USA (4.600) conferma il primato imprenditoriale a stelle e strisce.

Dimensione militare: IA nei sistemi d’arma e cyberwarfare

Infine, la competizione si estende all’ambito militare. L’IA è ormai considerata una tecnologia trasformativa per la difesa: dai sistemi d’arma autonomi alle operazioni di intelligence, dal cyberwarfare alla gestione delle flotte di veicoli senza equipaggio. I due contendenti investono miliardi in ricerca militare IA.

Una recente indagine Reuters ha rivelato che centri di ricerca legati al PLA (Esercito Popolare Cinese) hanno riadattato modelli AI open source (Meta Llama) per creare ChatBIT, un assistente IA ottimizzato per compiti militari (analisi di intelligence, interrogazioni dottrinali). Questo è un esempio concreto di come Pechino stia integrando l’IA nelle proprie forze armate: droni autonomi, sommergibili robotici e sistemi di sorveglianza sfruttano algoritmi di deep learning. Secondo un rapporto RAND (2023), l’IA è già operativa in diversi distretti strategici controllati dal PLA nel Mar Cinese Meridionale (sistemi di comando, controllo e simulazione).

Gli Stati Uniti, da parte loro, organizzano la propria risposta militare: il Pentagono ha istituito programmi come Project Maven e la National Security Commission on AI (NSCAI) per velocizzare l’adozione bellica dell’IA. L’US Air Force investe su tecnologie elettroniche cognitive (cognitive EW), cercando di contrastare capacità di guerra elettronica avanzata sviluppate da avversari come la Cina. Il report dell’USCC (Nov 2024) sottolinea che il PLA ha raggiunto «capacità sostanziali» di guerra elettronica in grado di rilevare, colpire e degradare obiettivi nemici. Di fronte a questa minaccia, nel 2025 gli esperti americani hanno anche iniziato a elaborare “contromisure IA” specifiche: modelli di interferenza elettronica evoluti per «avvelenare» i LLM avversari o disturbare le reti neurali nemiche.

Inoltre, l’intelligenza artificiale è già impiegata nelle cyber-armi e nella cyberwarfare ibrida. Gli attori globali utilizzano l’IA generativa per sofisticate campagne di disinformazione e attacchi di phishing. Nel luglio 2025 si è registrato uno dei primi casi clamorosi: un deepfake vocale ha permesso a un aggressore di fingersi il Segretario di Stato americano tramite una chat crittografata, influenzando contatti politici di alto livello. Tali episodi mostrano come l’IA avanzi a pieno titolo nell’arsenale cibernetico, sollevando preoccupazioni su come garantirne la sicurezza a livello diplomatico e militare.

Conclusioni

La rivalità USA-Cina sull’IA rimane un campo multidimensionale, che vede sfide continue e contrapposizioni su scala globale. Oltre agli aspetti tecnologici ed economici, è evidente come l’intelligenza artificiale determini nuovi equilibri geopolitici e militari. Entrambe le potenze cercano di plasmare le regole del gioco: gli Stati Uniti puntano sull’innovazione libera e alleanze con i partner, la Cina su ingenti investimenti statali e diffusione di massa.

Nel frattempo, l’Europa tenta una propria strategia di autonomia digitale e normazione robusta per ritagliarsi un ruolo in questo confronto. Lo stato attuale suggerisce che il dominio nell’IA non è più scontato: Pechino ha colmato in parte il divario tecnologico e guadagna terreno con applicazioni su larga scala, mentre Washington cerca di usare il proprio potere economico e militare per mantenere la leadership. In ogni caso, la sicurezza dell’IA diventerà centrale nei prossimi anni, influenzando non solo l’innovazione e il mercato, ma anche l’assetto strategico globale.

Fonti:

U.S. Congress – U.S.-China Economic and Security Review Commission (USCC). 2024 Annual Report to Congress.

RAND Corporation. Artificial Intelligence and the Future of Warfare in the Indo-Pacific. 2023.

Stanford University – Human-Centered AI. AI Index Report 2024.

Council on Foreign Relations (CFR). China’s Digital Silk Road. Aggiornamento 2024.

The White House. Executive Order on Safe, Secure, and Trustworthy Artificial Intelligence. Ottobre 2023.

McKinsey Global Institute. The Economic Potential of Generative AI: The Next Productivity Frontier. Giugno 2023.

Semiconductor Industry Association (SIA). 2024 State of the U.S. Semiconductor Industry.

OpenAI Blog. GPT-4 Technical Report.

Financial Times. AI Arms Race: How the US and China Are Competing Over Foundation Models. Maggio 2025.

European Commission. AI Act (Artificial Intelligence Regulation) – Legislative Texts and Updates.

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