imeline evoluzione privacy: dalle origini con Warren e Brandeis, attraverso yellow journalism e controversie fotografiche, fino alle sfide moderne di tutela dati personali nell'ecosistema informativo digitale

Alle origini del concetto di privacy

È ironico che le origini della privacy siano avvolte nel pettegolezzo: se è stato smentito che The right to privacy abbia visto la luce dopo che Samuel Warren, uno degli autori, si era indispettito per gli articoli di giornali sul matrimonio della figlia, è pur vero che la stampa si occupava di frequente dei dinner party frequentati dalla signora Warren, e pare peraltro che il giurista avesse interesse a tener nascosta da occhi indiscreti l’omosessualità del fratello [1].

La privacy non esiste?

Il tema continua tutt’ora ad essere avvezzo al paradosso: mai come oggi la privacy è stata così attenzionata, nelle sue molteplici declinazioni, da norme, giurisprudenza, dottrina e soft law, eppure sempre più a gran voce la vox populi lamenta che “la privacy non esiste” [2] (non senza far storcere il naso a tecnici, giuristi e attivisti [3]) e, a dire il vero, qualche utente si sarebbe detto disposto a scambiare la propria cronologia di navigazione per un Big Mac [4].

Se alla fine del diciannovesimo secolo a preoccupare gli autori di The right to privacy erano soprattutto i quotidiani e la stampa fotografica, oggi i media ed i canali di diffusione hanno attraversato trasformazioni profonde, convergendo in un ecosistema informativo vasto ed intricato, che ha reso le esigenze di tutela dei dati degli interessati sempre più impellenti.

Tutela effettiva del diritto alla privacy nell’ecosistema informativo online

La presente trattazione intende prendere le mosse dal rapporto tra società dell’informazione e tutela dei dati personali, per poi restringere il campo sul minimo comune denominatore o leitmotiv delle molteplici nozioni di privacy espresse dalle fonti.

Con queste dovute premesse, prendendo a riferimento alcuni casi esemplificativi di diffusione delle informazioni online, ci si è domandati se il diritto alla privacy – nei suoi contenuti più essenziali – possa essere fatto effettivamente valere e se sia pertanto in grado di trovare tutela sostanziale nel panorama odierno.

“The right to privacy”: agli albori del concetto di privacy secondo Warren e Brandeis

Sebbene il concetto di privacy di certo non nacque dal nulla[5], la sua prima formalizzazione, nella monografia The right to privacy di Warren e Brandeis, fu influenzata in modo decisivo da un’aumentata e facilitata disponibilità dei mezzi di diffusione delle informazioni dell’epoca.

Lo scritto in questione uscì nell’Harvard Law Review nel 1890. In tale contesto storico-culturale, la lettura dei quotidiani non poteva ancora dirsi un passatempo trasversale e invalso in tutti i segmenti demografici, tuttavia già da qualche decennio i giornali erano diventati molto più economici e accessibili[6]: la prima pubblicazione del Sun di Benjamin Day, nel 1833, diede il via al fenomeno della stampa economica, la c.d. Penny Press. Il quotidiano fondato da Day costava un penny (a fronte degli usuali 6 cents) e la sua massima diffusione era assicurata dai newsboy che lo vendevano agli angoli della strada.

Fake news, yellow journalism e il loro impatto sull’informazione

Alla fine dell’Ottocento, fece capolino anche quella tipologia di stampa che oggi chiameremmo fake news e allora era nota come yellow journalism [7]. I suoi pionieri, William Randolph Hearst – l’uomo che ispirò il Citizen Kane di Orson Wells – e – ironicamente – Joseph Pulitzer, dalle rispettive headlines si facevano la guerra a colpi di notizie salaci, sensazionaliste e non verificate, e con le loro pratiche furono accusati, tra l’altro, di aver fomentato la guerra ispano-americana del 1898 e, tre anni dopo, l’assassinio del candidato alla presidenza William McKinley.

Non era solo grazie alla stampa, peraltro, che le informazioni avevano iniziato a circolare così rapidamente ed estensivamente. Lo si doveva anche al contemporaneo evolversi dei sistemi di comunicazione: la posta moderna, il telegrafo elettrico di Morse e quello senza fili di Marconi, i cavi marini che iniziavano a collegare stati e continenti.

Le prime controversie sulla privacy delle immagini

E, a proposito di nuove tecnologie, è interessante notare come in The right to privacy si menzioni espressamente la fotografia istantanea. Invero l’avvento della fotocamera portatile e delle varie tecniche di stampa fotografiche avevano reso possibile, per la prima volta, non solo raccogliere, pressoché in tempo reale, ritratti personali ma anche riprodurli con relativa facilità.

Si noti, a onor del vero, che almeno in quel periodo storico non erano i quotidiani a creare i maggiori problemi con riguardo all’indebita diffusione di fotografie[8], bensì le pratiche commerciali dei fotografi stessi. I processi e materiali erano delicati e costosi, e non era pertanto infrequente che i fotografi tentassero di massimizzare i profitti riutilizzando le immagini.

In una delle prime cause sul tema, la denunciante Mrs Pollard lamentava come lo studio fotografico al quale si era rivolta per un ritratto avesse poi riutilizzato la sua foto in un biglietto di auguri di Natale per trarne ulteriori profitti; le fu data ragione[9]. Non molto tempo dopo, Abigail Roberson scoprì che la propria faccia era stata riprodotta su 25.000 poster pubblicitari della farina Franklin Mills prodotti dalla Rochester Folding Box[10]. Il caso Roberson v. Rochester Folding Box Co scatenò il deciso sdegno dell’opinione pubblica quando il giudice Alton Parker si pronunciò a sfavore della denunciante[11].

Già nel 1870, i clienti del fotografo di Montreal William Notman si preoccupavano di prendere accorgimenti per limitare la diffusione delle loro immagini, anche mediante annotazioni sulle stesse (“None to be sold except to the family”)[12] , dimostrando sin da allora la volontà di esercitare una qualche forma di controllo sulle proprie informazioni.

“Right to be let alone”: la visione pionerica di Warren e Brandeis

È questo, dunque, il contesto del quale Samuel Warren e Louis Brandeis nel 1890 si dicono preoccupati e, preso atto del quale, auspicano il riconoscimento giuridico di una forma di tutela del diritto alla privacy.

Recent inventions and business methods call attention to the next step which must be taken for the protection of the person, and for securing to the individual what Judge Cooley calls the right “to be let alone”. Instantaneous photographs and newspaper enterprise have invaded the sacred precincts of private and domestic life; and numerous mechanical devices threaten to make good the prediction that “what is whispered in the closet shall be proclaimed from the house-tops.”

For years there has been a feeling that the law must afford some remedy for the unauthorized circulation of portraits of private persons; and the evil of invasion of privacy by the newspapers, long keenly felt, has been but recently discussed by an able writer. The alleged facts of a somewhat notorious case brought before an inferior tribunal in New York a few months ago, directly involved the consideration of the right of circulating portraits; and the question whether our law will recognize and protect the right to privacy in this and in other respects must soon come before our courts for consideration [13].

Al netto di ogni considerazione sulla specificità del right to be let alone [14] di Warren e Brandeis – un diritto che non avrebbe potuto che essere figlio del proprio tempo e del proprio ordinamento, e che le corti avrebbero presto correlato allo ius excludendi del Quarto emendamento – in questa vicenda e nelle sue premesse storico-culturali sembra già intravedersi il nocciolo duro di un concetto di privacy più ampio, complesso e differenziato, del quale si sarebbe fatto presto portavoce, tra gli altri, anche l’Europa.

Il contesto storico e culturale che ha dato origine al concetto di privacy delineato da Warren e Brandeis ci offre interessanti spunti di riflessione sull’evoluzione di questo diritto fondamentale. Ma come si è evoluto nel tempo il concetto stesso di privacy? Per approfondire questi aspetti, vi invitiamo a leggere il prossimo articolo dedicato a “Il concetto di privacy: variazioni e leitmotiv”.

Per un’analisi approfondita di queste tematiche e per scoprire come il diritto alla privacy si confronti con le sfide digitali contemporanee, scarica il documento integrale “Sovraesposizione e controllo sui dati personali nell’ecosistema informativo online” realizzato da Marta Zeroni.

Note:

[1] CITRON D.K., The Roots of Sexual Privacy in The Columbia Journal of Law, 42, 2019, p. 385

[2] Tra gli altri, si veda: FRIEDMAN T.L., Four Words Going Bye-Bye (The New York Times). Ultimo accesso il 23 febbraio 2024; MORGAN J., Privacy Is Completely And Utterly Dead, And We Killed It (Forbes). Ultimo accesso il 23 febbraio 2024.

[3] Tra gli altri, si veda: BRACY J., I Don’t Know Which Will Go First—Rock ‘n Roll or Privacy (IAPP). Ultimo accesso il 23 febbraio 2024; SELINGER E., HARTZOG W., Stop Saying Privacy Is Dead (Medium). Ultimo accesso il 23 febbraio 2024.

[4] CARRASCAL J.P., RIEDERER C., ERRAMILLI V., et al., Your browsing behavior for a big mac: economics of personal information online in Proceedings of the 22nd international conference on World Wide Web, 2023, pp. 189–200.

[5] Per un primissimo ed embrionale esempio di privacy, si pensi al concetto di oikos (οἶκος) elaborato da Aristotele: uno spazio tendenzialmente coincidente con la casa-edificio ma anche, di frequente, con la sfera famigliare, rituale e privata, in contrapposizione alla dimensione pubblica della polis (πόλις). Sul concetto di “privato ateniese”: FERRUCCI S., L’oikos nelle leggi della polis. Il privato ateniese tra diritto e società in Etica & Politica / Ethics & Politics, IX, 2007, 1, pp. 135-154.

[6] MCNAMARA R., Penny Press: Cutting the Price of Newspapers to a Penny Was a Startling Innovation (ThoughtCo.). Utimo accesso il 27 gennaio 2024.

[7] DARNTON R., The True History of Fake News (The New York Review. Ultimo accesso il 27 gennaio 2024; SAMUEL A., To Fix Fake News Look To Yellow Journalism (JStor Daily

[8] La prima fotografia all’interno di un articolo di giornale comparve nel 1848, sul periodico francese L’Illustration. Si trattava dell’immagine panoramica di una strada di Parigi dopo alcuni disordini popolari. La Barricade de la rue Saint-Maur-Popincourt après l’attaque par les troupes du général Lamoricière, le lundi 26 juin 1848 (Musée d’Orsay). Ultimo accesso il 27 gennaio 2024.

[9] Pollard v. Photographic Co., 40 Ch. Div. 345 (1888).

[10] Roberson v. Rochester Folding Box Co., 64 N.E. 442 (1902)

[11] BANNER S., Who Owns Your Face? (Harvard University Press) <www.harvardpress.typepad .com/hup_publicity/2011/08/who-owns-your-face.html> ultimo accesso il 27 gennaio 2024. Peraltro, poco dopo il caso, il Giudice Parker si ritrovò a scontare il contrappasso di tale decisione: “In 1904 Alton Parker resigned from the Court of Appeals to run for president as the Democratic candidate.

During the campaign he and his family were so besieged by photographers that Parker declared: “I reserve the right to put my hands in my pockets and assume comfortable attitudes without being everlastingly afraid that I shall be snapped by some fllow with a camera.” Roberson promptly wrote a letter to Parker—which she released to the press—reminding him “that you have no such right as that which you assert.”

If Roberson could not object to the use of her picture on flour advertisements, she asked, on what ground could Parker complain about news photographers? “I am forced to the conclusion,” she needled, “that this incident well illustrates the truth of the old saying that it makes a lot of difference whose ox is gored.” The story was front page news. Parker lost in a landslide to Theodore Roosevelt and never held public office again”.

[12] PARSONS S., NICHOLAS V., Victorian Facebooks: Privacy Concerns at William Notman’s Studio in History of Photography, 46, 2022, pp. 227-242. L’annotazione a cui si fa riferimento è presente sul ritratto fotografico di Miss Molson (William Notman, 1874).

[13] WARREN S., L. BRANDEIS, The Right to Privacy (Harvard Law Revies | MIT CSAIL). Ultimo accesso il 27 gennaio 2024.

[14] L’espressione utilizzata da Warren e Brandeis riprende quasi letteralmente quella del giudice Thomas Cooley (right to be alone) nel suo Treatise on the Law of Torts del 1879.

 

Profilo Autore

Consulente Privacy e IT Law, auditor, Data Protection Officer e formatrice in materia di protezione dei dati personali e società digitale. Laureata magistrale in giurisprudenza all'Università degli Studi di Padova, con perfezionamento in criminalità informatica e investigazioni digitali alla Statale di Milano e master di secondo livello in Informatica Giuridica presso La Sapienza di Roma.

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