25 anni di eccellenza italiana nelle tecnologie quantistiche
Un viaggio nella storia delle tecnologie quantistiche europee, dalla crittografia alle reti quantistiche, raccontato attraverso l’esperienza di chi ha costruito i primi dispositivi italiani
Intervento di Fabio Antonio Bovino, professore del Master Interfacoltà “Optics & Quantum Information”, Sapienza Università di Roma, al 23° Forum ICT Security
“Il posto più freddo dell’universo non si trova più nello spazio”, esordisce il professor Fabio Antonio Bovino aprendo il suo intervento sulla storia e l’evoluzione delle tecnologie quantistiche in Europa. “Si trova sulla Terra, nei laboratori quantistici dove si costruiscono i quantum computer, a temperature di circa 200 millikelvin, ben al di sotto dei 2 gradi Kelvin della Nebulosa Boomerang.”

Con questa suggestiva immagine, il docente del master in Optics and Quantum Information della Sapienza – il primo master europeo nel settore, nato dieci anni fa – introduce il pubblico del Forum ICT Security in un viaggio affascinante attraverso venticinque anni di ricerca e sviluppo nelle tecnologie quantistiche, con particolare attenzione al contributo italiano ed europeo.
Le origini: quando la fisica quantistica incontrò la sicurezza
La storia raccontata dallo speaker inizia ben prima dei computer quantistici. “La crittografia quantistica nasce nel 1971”, spiega il professore, “grazie a uno studente di dottorato, Stephen Wiesner, che ebbe un’idea rivoluzionaria: creare una banconota che non potesse essere falsificabile, sfruttando il principio di indeterminazione di Heisenberg.”

L’idea di Wiesner era tecnologicamente impossibile all’epoca – richiedeva sistemi in grado di immagazzinare stati quantistici per lunghi periodi – ma conteneva già il germe di quella che sarebbe diventata la moderna crittografia quantistica. “C’era però un problema fondamentale”, sottolinea l’esperto, “ancora non si sapeva se fosse possibile fare copie di stati quantistici.”
La risposta arrivò solo nel 1982 con il celebre teorema del no-cloning dimostrato da Wootters e Zurek: basandosi sulla linearità della meccanica quantistica – “l’equazione di Schrödinger è una pennellata michelangiolesca, bellissima ma lineare” – i due fisici dimostrarono che è impossibile costruire una macchina fotocopiatrice per stati quantistici sconosciuti.
“Nel mondo classico lavoriamo costantemente con fotocopiatrici”, osserva ironicamente il relatore. “Molti miei colleghi copiano sistematicamente quello che dicono gli altri. Ma nel mondo quantistico questo non è possibile, a meno di introdurre errori quantificabili.”
Questo principio fondamentale garantisce la sicurezza della comunicazione quantistica: qualsiasi tentativo di intercettazione introduce errori rilevabili, rendendo impossibile una copia perfetta dell’informazione senza essere scoperti.
L’epoca d’oro: i workshop di Villa Gualino e la nascita dell’industria quantistica europea
Il professor Bovino condivide poi un momento storico fondamentale per la comunità scientifica europea: i workshop su quantum computation e quantum communication organizzati tra il 1993 e il 1998 a Villa Gualino, Torino, promossi dall’allora Elsag (gruppo Finmeccanica).

“Tra questi quattro ‘ragazzotti’ che vedete nella foto”, indica lo speaker mostrando un’immagine d’epoca, “c’è un premio Nobel, Roger Penrose, c’è Gilles Brassard, c’è David Deutsch – che sembrava un vampiro perché viveva al buio – e Charles Bennett, l’inventore del teletrasporto quantistico.”
Questi incontri furono cruciali per lo sviluppo della fisica quantistica applicata. Bennett e Brassard avevano già sviluppato il protocollo BB84 nel 1984, “semplicemente riprendendo l’idea di Wiesner e applicando il teorema del no-cloning che Wiesner non conosceva ancora.”
Il relatore racconta anche un aneddoto significativo: “Nel 2014, durante la prima riunione per la fondazione della Quantum Flagship europea, ho avuto la fortuna di vedere dal vivo i primi circuiti quantistici, i primi qubit. Ricordo la discussione con Rainer Blatt, professore tedesco, che contestava al giovane ricercatore di D-Wave sostenendo che tutto quello che aveva fatto non fosse quantistico. Qualche anno dopo D-Wave ha cominciato a vendere computer quantistici a un milione di euro l’uno. Qualcuno si sarà sbagliato.”
Il contributo italiano: dai prototipi di laboratorio al Q-KeyMaker
“Voglio fare un po’ di nazionalismo, amor di patria”, dichiara apertamente il professore prima di illustrare il contributo italiano alle tecnologie quantistiche.
Nel 1998, Elsag fu l’unica industria italiana – e una delle pochissime europee – a partecipare al primo progetto europeo sulla crittografia quantistica, l’EQCSpot, insieme all’Università di Ginevra e Vienna. “Da quel progetto nacque lo spin-off ID Quantique in Svizzera, che nel 2001 a Düsseldorf presentò il primo prodotto commerciale”, ricorda il relatore. “Ma l’Italia decise di seguire questo percorso con grande determinazione.”
Il momento di svolta per la ricerca italiana arrivò nel 2001, quando il gruppo guidato da Francesco De Martini, con Fabio Bovino e Valentina Mussi, costruì la prima macchina al mondo in grado di clonare stati quantistici sconosciuti. “Chiaramente introducendo un errore”, precisa lo speaker. “Un errore dell’11% che diventa esattamente la soglia di sicurezza della quantum key distribution: se vedo l’11% di errori nelle stringhe di bit che dovrebbero essere identiche, so con certezza che qualcuno ha tentato di intercettare la comunicazione.”
L’esperto mostra poi con orgoglio le immagini dei primi prototipi italiani: “Questo è stato il primo dispositivo di QKD italiano che è uscito fuori dal laboratorio. L’abbiamo portato a Mantova per una conferenza. Il sistema lavorava in aria, quando siamo arrivati ci hanno dato uno stand al secondo piano senza montacarichi. Abbiamo dovuto portarlo a mano, dopo un tragitto Genova-Mantova su un furgoncino poco ammortizzato. Quando l’abbiamo messo in funzione era ancora perfettamente allineato.”

Il percorso italiano portò allo sviluppo del Q-KeyMaker nel 2011. “Sto parlando di quindici anni fa”, sottolinea il professore. “L’industria italiana aveva già il suo dispositivo di quantum key distribution operante in regime di rete. Non si trattava solo di mettere in sicurezza la distribuzione delle chiavi crittografiche tra Alice e Bob, ma di proteggere l’intera rete, nato proprio per garantire alle reti di massima sicurezza una protezione basata su questa tecnologia.”
Il sistema permetteva di lavorare su distanze di 50-60 chilometri, arrivando anche a centinaia di chilometri, utilizzando stati fotonici con i loro gradi di libertà per implementare crittografia senza punti deboli (single points of failure).
Le frontiere attuali: Device Independent QKD e Quantum Internet
La ricerca non si è fermata ai sistemi tradizionali di distribuzione quantistica delle chiavi. Il relatore illustra gli sviluppi più recenti e sofisticati, tra cui la Device Independent QKD (DI-QKD), un’evoluzione fondamentale per la sicurezza delle comunicazioni.
“Tutti quando parlano di crittografia quantistica citano sempre Alice e Bob”, spiega il professore. “Nella Device Independent QKD invece gli attori sono tre: Alice, Bob e Charlie. Questo setup permette una sicurezza non legata ai sistemi fisici utilizzati per implementare la QKD.”
La genialità del sistema sta nel fatto che “Charlie può essere addirittura la spia: genera gli stati, li misura, ma non è in grado di capire assolutamente niente su quello che Alice e Bob si sono scambiati. Se Charlie vede zero nell’output, significa che Alice e Bob hanno inserito 0-0 oppure 1-1, quindi c’è assoluta indeterminazione.”
Questa architettura, chiamata “Federation Agent”, risolve un problema critico delle infrastrutture di sicurezza: “Costituisce un nodo ripetitore che mette in comunicazione reti ad alta sicurezza. Sono reti legate a infrastrutture critiche nazionali che per questioni di sicurezza non hanno la possibilità di andare fuori, ma devono parlarsi. Quando devono comunicare possono utilizzare un oggetto di questo tipo.”
L’ultima frontiera presentata è il Quantum Internet, basato su piccoli processori fotonici, che operano a temperatura ambiente. “Parliamo di 4-5 qubit per ora”, ammette il relatore, “ma se comprate un calcolatore a 5 qubit di IBM lo pagate un milione di euro, questo costa solo 20.000 euro.”
Il vantaggio di questi dispositivi è la versatilità: “C’è la possibilità di fare non solo comunicazione, ma anche processing. Posso utilizzare porte logiche che agiscono sugli stati fotonici, usarlo come router oppure fare vero e proprio calcolo quantistico, magari applicando la crittografia fully homomorphic per fare calcoli su dati cifrati.”
Il divario europeo: una questione di investimenti strategici
La parte finale dell’intervento affronta il tema più critico e preoccupante: il gap tecnologico tra Europa e resto del mondo nelle tecnologie quantistiche.

“Mi concentrerei non tanto sui numeri in generale, ma su un numero in particolare: quello italiano”, afferma il professore mostrando una mappa degli investimenti europei dal 2023 al 2025. “L’Italia ha investito 140 milioni di euro. Il Regno Unito 4.122 milioni di euro. Parliamo di ordini di grandezza completamente diversi.”
La situazione internazionale è ancora più preoccupante. “Arthur Ekert – uno dei padri della crittografia quantistica basata sull’entanglement, secondo solo ad Einstein per numero di citazioni sul paradosso EPR – nel 2015 decise esplicitamente di lasciare l’Europa per andare a Singapore”, ricorda il relatore. “E disse chiaramente in una conferenza: ‘A Singapore spendono dieci volte quello che spendete voi in tutta Europa, e in Italia si spendeva dieci volte se non cento volte meno di quello che si spendeva in Europa.'”

“L’Europa si è svegliata tardi”, è l’analisi senza giri di parole del professor Bovino. “La fisica parlava europeo fino al 2005, quella sulle tecnologie quantistiche era scienza sicuramente europea. Poi un po’ ci siamo addormentati, alcuni passaggi non sono mai stati effettuati. Tutto è ripartito quando sono arrivati Google, IBM, Microsoft.”
Il relatore spiega perché non basta aumentare gli investimenti: “Nel momento in cui c’è un salto tecnologico, è sbagliato dire ‘loro seguono una certa pendenza, raggiungono livelli tecnologici seguendo una retta, io posso iniziare anche dopo e se ho una pendenza leggermente superiore riesco a raggiungerli’. Le cose non vanno così. C’è sempre una discontinuità.”
Gli Stati Uniti e la Cina hanno creato quella discontinuità profonda. “I cinesi hanno mandato satelliti in orbita per la comunicazione quantistica. Ne hanno bruciati tre prima di riuscirci. Sempre saranno fatti, anche se io personalmente non ci credo del tutto. Noi i calcolatori quantistici li compriamo negli Stati Uniti.”
Nonostante esistano progetti europei importanti come OPEN QKD per stabilire una piattaforma sperimentale di distribuzione quantistica delle chiavi e EAGLE-1, il primo sistema satellitare europeo per QKD dell’Agenzia Spaziale Europea, il divario resta significativo.
“Dovremmo essere in grado di fare computer quantistici competitivi? Siamo sicuramente in grado di farlo”, afferma con convinzione il professore. “Ma esiste un gap tecnologico profondo, soprattutto per quanto riguarda il quantum computing, perché lì si parla di miliardi di finanziamenti che noi non siamo in grado di avere.”
Un monito per il futuro: non ripetere l’errore Olivetti
Il professor Bovino chiude il suo intervento con un riferimento storico che suona come un monito per l’industria italiana ed europea: “C’è un esempio che ritorna sempre: Olivetti, la Perottina, il Programma 101. È finito male. Io spero che questa volta finisca meglio.”
Il riferimento è al computer da tavolo Programma 101, presentato nel 1965 dall’ingegner Pier Giorgio Perotto per Olivetti, che anticipò di anni i personal computer americani ma non riuscì a trasformare questa leadership tecnologica in dominio di mercato, complice una serie di scelte industriali sbagliate e la mancanza di supporto strategico.
Nonostante le difficoltà, il messaggio dell’esperto è chiaro: l’Italia e l’Europa hanno le competenze scientifiche e tecnologiche per essere protagonisti della rivoluzione quantistica. “Nonostante ci siano alcune espressioni un po’ propagandistiche di qualche giornalista per cui noi saremmo protagonisti, noi non siamo protagonisti. Dobbiamo essere onesti”, ammette il relatore. “Ma abbiamo tutte le capacità per diventarlo.”
La storia raccontata al Forum ICT Security è quella di un’eccellenza scientifica italiana che ha saputo trasformare la ricerca di base in dispositivi concreti: dalle prime macchine di clonazione quantistica ai sistemi di distribuzione di chiavi crittografiche operanti in rete, fino ai processori fotonici per il Quantum Internet. È la dimostrazione che il percorso “dal laboratorio al mercato” è possibile e che l’Italia ha un patrimonio di competenze che merita di essere valorizzato.
Come ricorda il relatore citando i pionieri di Villa Gualino degli anni Novanta, l’Europa ha già dimostrato di saper essere all’avanguardia nella fisica quantistica fondamentale. La sfida ora è trasformare questa leadership scientifica in leadership industriale, prima che il divario tecnologico diventi incolmabile. Serve una volontà politica e industriale all’altezza della sfida, con investimenti paragonabili a quelli dei competitor globali e una visione strategica di lungo termine.
Il rischio, altrimenti, è di vedere ripetersi la storia di Olivetti: eccellenza scientifica e innovazione tecnologica che non si traducono in successo industriale, lasciando ad altri – americani, cinesi – il dominio di un mercato che potrebbe valere miliardi nei prossimi decenni.
Guarda il video dell’intervento completo:

Fabio Antonio Bovino, born in 02/03/1969, was employed at Elsag, a Finmeccanica Company, in September 2001 (LEONARDO in January 2016). He is the founder and the chief scientist of Quantum Optics Lab. He has participated to national and international research projects financed by MIUR, Italian Ministry of Defense and European Community. He is author of more than 100 publications in national/international journals and 14 patents (granted) in the fields of Foundation of Quantum Mechanics, Quantum Optics, Quantum Information and Computing. Highlights are the first demonstration of a quantum cloning machine (2001), the first experiment beyond Bell’s Inequalities for entanglement characterization (2004), the design and the realization of the first Quantum Cryptography Italian product: the Q-KeyMaker®(2011). He was Lecturer at ICTP The Abdus Salam International Centre for Theoretical Physics and at Ettore Majorana Foundation and Centre for International Culture, where he was, in 2012, Director of course Advances in Nanophotonics. He was awarded in 2004 and 2012 with FINMECCANICA Innovation Prize, in 2005, 2006 with Elsag Innovation Prize and, in 2008, with Best Patent Prize, in 2010 with Selex-SI Innovation Prize. He is member of the teaching and scientific board of Second Level Master on Optics and Quantum Information - University of Rome "Sapienza"and CAF "Foundation of Optics and Quantum Engineering"
