Facebook rimuove milioni di contenuti di bullismo e molestie, ma il cyberbullismo dilaga tra adolescenti e minori online.

Facebook rimuove 8.2 milioni di post di bullismo: l’industria del cyberbullismo che non riusciamo a fermare

Nel secondo trimestre del 2022, Facebook ha rimosso 8.2 milioni di contenuti di bullismo e molestie – una cifra che dovrebbe farci tremare. Questi non sono semplici numeri in un report trimestrale di Meta: rappresentano milioni di giovani vittime, famiglie distrutte e un sistema di controllo che sta fallendo mentre i nostri figli pagano il prezzo più alto.

L’Italia registra tassi preoccupanti di cyberbullismo: secondo i dati ISTAT del 2015, il 5.9% dei giovani tra 11 e 17 anni ha subito comportamenti offensivi tramite internet/cellulare con frequenza di “una o più volte al mese” – questa percentuale rappresenta i casi più gravi e persistenti. Il quadro generale è però molto più allarmante: i dati ISTAT 2023 rivelano che circa il 34% dei ragazzi 11-19 anni ha subito atti vessatori online almeno una volta nell’anno, mentre tassi di suicidio giovanile continuano ad aumentare. Questa è la realtà nascosta dietro i comunicati rassicuranti delle piattaforme social: un’industria del cyberbullismo che opera su scala industriale mentre Facebook, Instagram e le altre piattaforme fingono di avere la situazione sotto controllo.

La scala shock del cyberbullying industriale

Gli 8.2 milioni di post rimossi da Facebook nel Q2 2022 rappresentano solo la punta dell’iceberg di un fenomeno devastante. Secondo i dati ufficiali di Meta, questi contenuti sono stati eliminati tra aprile e giugno 2022, in calo rispetto ai 9.5 milioni del trimestre precedente – il picco più alto mai registrato. Ma ecco il dato più allarmante: il 76.8% di questi contenuti è stato rilevato proattivamente dai sistemi di intelligenza artificiale, il che significa che oltre 1.9 milioni di post di bullismo sono stati segnalati dalle vittime stesse, costrette a rivivere il trauma per chiedere aiuto.

La prevalenza del cyberbullismo sui social ha raggiunto proporzioni epidemiche. Il 46% degli adolescenti americani ha subito cyberbullismo, mentre in Italia il quadro è particolarmente preoccupante: secondo ISTAT 2015, il 5.9% dei giovani tra 11 e 17 anni ha subito molestie via email, chat o social network con frequenza di “una o più volte al mese” – rappresentando i casi più gravi.

Tuttavia, i dati più recenti ISTAT 2023 mostrano che il 34% dei ragazzi 11-19 anni ha subito almeno un episodio di cyberbullismo nell’anno, evidenziando una drammatica crescita del fenomeno. Questi numeri si traducono in centinaia di migliaia di adolescenti italiani che vivono nell’incubo quotidiano delle molestie digitali. Le ragazze sono colpite in modo sproporzionato: uno studio condotto su 3.022 giovani del Piemonte ha rivelato che il 9.1% delle adolescenti subisce cyber-vittimizzazione rispetto al 6.0% dei ragazzi, con forme di violenza particolarmente insidiose.

Le piattaforme più pericolose secondo le ricerche recenti sono YouTube (79% dei casi), Snapchat (69%), TikTok (64%) e Facebook (49%). Il 70% dei giovani italiani ha assistito ad atti di bullismo e cyberbullismo secondo un’indagine di Terre des Hommes del 2021. In Italia, le autorità hanno registrato 291 casi di bullismo online contro minori nel solo 2023, un dato che rappresenta probabilmente solo una frazione dei casi reali dato che molte vittime non denunciano.

Il fallimento sistemico delle piattaforme di controllo

Facebook sostiene di aver migliorato i propri sistemi di rilevamento, ma la realtà racconta una storia diversa. I sistemi di intelligenza artificiale di Meta, nonostante i miglioramenti dichiarati, falliscono sistematicamente nel comprendere il contesto culturale, l’ironia e le sfumature linguistiche del bullismo. La prevalenza di contenuti di bullismo rimane stabile tra 0.08-0.09% su Facebook (8-9 visualizzazioni ogni 10.000), dimostrando che il problema persiste nonostante le azioni di rimozione.

La risposta di Meta a queste critiche è stata scioccante. Nel gennaio 2025, l’azienda ha annunciato l’abbandono del fact-checking di terze parti negli Stati Uniti e un allentamento delle politiche di moderazione, sostituendo il sistema con “Community Notes” simile a quello di X. Mark Zuckerberg ha giustificato questa decisione dichiarando che i fact-checker erano “troppo politicamente di parte” e che il sistema di moderazione aveva fatto “troppi errori”. Gli esperti hanno immediatamente denunciato questa decisione come un pericolo per gli utenti vulnerabili, particolarmente i minori.

Il confronto con altre piattaforme rivela ulteriori fallimenti sistemici. Mentre Snapchat dichiara tempi di risposta mediani di pochi minuti per la rimozione di contenuti dannosi, Facebook impiega giorni o settimane per rispondere alle segnalazioni. I dati mostrano che su X il sistema Community Notes spesso non riesce a fornire contesto tempestivo, permettendo alla disinformazione e ai contenuti dannosi di diffondersi ampiamente prima che vengano aggiunte le note correttive.

L’impatto devastante: suicidi e traumi permanenti

Le conseguenze del cyberbullismo non sono statistiche astratte ma tragedie umane concrete. Le vittime di cyberbullismo hanno oltre 4 volte più probabilità di avere pensieri suicidi e tentare il suicidio rispetto ai coetanei non colpiti. Gli studi NIH mostrano che quasi il 9% degli adolescenti riferisce di essere stato vittima di cyberbullismo, con conseguenze devastanti sulla salute mentale.

Il 93% delle vittime di cyberbullismo riporta effetti negativi sulla salute mentale, inclusi depressione, ansia e disturbi del sonno. Gli studi longitudinali mostrano che questi effetti persistono nell’età adulta, con conseguenze a lungo termine su carriera, relazioni e salute mentale. Il cyberbullismo può presentare sintomi simili al disturbo post-traumatico da stress, che può portare al suicidio.

Il caso di Carolina Picchio rappresenta la tragedia più emblematica in Italia. La quattordicenne di Novara si è tolta la vita nel gennaio 2013 dopo che un video compromettente era stato diffuso su Facebook, scatenando un’ondata di 2.600 messaggi di abuso via WhatsApp. La famiglia aveva segnalato i contenuti offensivi a Facebook chiedendone la rimozione, ma la piattaforma non aveva agito tempestivamente. Il caso di Carolina ha portato all’adozione della Legge 71/2017 contro il cyberbullismo in Italia.

Il 5.9% rappresenta la percentuale di giovani 11-17 anni che ha subito comportamenti offensivi tramite internet/cellulare con una frequenza di “una o più volte al mese”, secondo i dati ISTAT 2015. È importante notare che questo dato si riferisce solo ai casi più gravi e frequenti di cyberbullismo, mentre il numero totale di giovani che ha subito almeno un episodio di cyberbullismo nell’anno è significativamente più alto. I dati ISTAT più recenti del 2023 mostrano infatti che circa il 34% dei ragazzi 11-19 anni ha dichiarato di aver subito atti vessatori online almeno una volta nell’anno precedente, evidenziando come il fenomeno si sia intensificato nel tempo.

Gli studi mostrano che le esperienze di bullismo e cyberbullismo sono spesso associate allo sviluppo di depressione, ansia sociale e problemi di salute mentale che possono portare a conseguenze estreme.

In Italia sono stati registrati anche altri casi tragici come quello di Andrea Spezzacatena, evidenziando come il fenomeno sia in crescita.

Genitori nel panico: strategie di sopravvivenza digitale

I genitori italiani si trovano in prima linea in una battaglia che non sono preparati a combattere. Il 42% dei genitori italiani identifica il cyberbullismo come la principale minaccia online per i propri figli secondo un sondaggio globale di Microsoft, posizionando l’Italia al quarto posto mondiale per preoccupazione sul tema. La ricerca mostra che i genitori che mantengono una comunicazione aperta e positiva con i figli riducono significativamente il rischio di vittimizzazione.

Segnali d’allarme da non ignorare

I genitori devono prestare attenzione a cambiamenti comportamentali specifici: riluttanza ad andare a scuola, cambiamenti repentini dell’umore, perdita di interesse nelle attività preferite, comportamento ansioso quando ricevono notifiche sul telefono. I sintomi fisici includono disturbi del sonno, cambiamenti nelle abitudini alimentari, mal di testa e mal di stomaco inspiegabili. Il calo del rendimento scolastico e l’isolamento sociale sono indicatori critici che richiedono intervento immediato.

Strumenti di controllo parentale efficaci

Tra gli strumenti di monitoraggio più efficaci, software come Bark utilizza l’intelligenza artificiale per monitorare messaggi, social media e immagini alla ricerca di segnali di cyberbullismo. Net Nanny offre filtri AI avanzati con categorie di contenuti specifiche e blocco in tempo reale. Altri strumenti come Qustodio e Family Link permettono il monitoraggio delle attività online e la gestione del tempo schermo.

Risposta immediata in caso di cyberbullismo

Se vostro figlio è vittima di cyberbullismo, le prime 48 ore sono cruciali. Documentate tutto con screenshot, salvate le prove prima di bloccare o segnalare, non cedete alla tentazione di rispondere o vendicarvi online. Bloccate immediatamente il bullo su tutte le piattaforme, segnalate ai fornitori delle piattaforme, contattate la scuola se il bullo è un compagno di classe.

La risposta legislativa italiana: un modello imperfetto

L’Italia è stata pioniera nella legislazione contro il cyberbullismo con la Legge 71/2017, nata dalla tragedia di Carolina Picchio. La legge, promossa dalla senatrice Elena Ferrara, definisce il cyberbullismo come “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto” realizzata per via telematica. La regola delle 48 ore per la rimozione dei contenuti rappresenta uno standard internazionale, ma l’applicazione resta problematica.

La recente Legge 70/2024 ha ampliato il framework includendo sia il bullismo che il cyberbullismo, istituendo il 20 gennaio come “Giornata del Rispetto” in memoria di Willy Monteiro Duarte. Ogni scuola deve ora adottare codici interni di prevenzione con comitati di vigilanza permanenti che includono studenti, insegnanti, famiglie ed esperti. Il numero di emergenza 1.96.96 (Telefono Azzurro) fornisce assistenza psicologica e legale 24/7.

L’Unione Europea ha rafforzato la protezione dei minori attraverso il Digital Services Act, con l’Articolo 28 che richiede misure appropriate per garantire privacy, sicurezza e protezione dei minori online. Le linee guida stabiliscono requisiti specifici inclusi misure di verifica dell’età, impostazioni di privacy predefinite per gli account dei minori e divieto di pubblicità mirata basata sulla profilazione dei dati personali dei minori.

Conclusione: una battaglia che possiamo vincere

Gli 8.2 milioni di post di bullismo rimossi da Facebook non sono una vittoria ma la prova di un fallimento sistemico. Mentre le piattaforme social continuano a privilegiare profitti e crescita rispetto alla sicurezza dei nostri figli, spetta a genitori, educatori e legislatori creare una rete di protezione efficace. La recente decisione di Meta di abbandonare il fact-checking e allentare le politiche di moderazione rappresenta un passo indietro preoccupante che potrebbe esporre ancora di più i giovani a contenuti dannosi.

La combinazione di legislazione forte, strumenti tecnologici appropriati e comunicazione familiare aperta rappresenta la nostra migliore difesa. Il cyberbullismo non è un problema tecnologico ma sociale, che richiede un cambiamento culturale profondo nel modo in cui concepiamo e utilizziamo i social media. Le piattaforme devono essere ritenute responsabili non solo per i contenuti che rimuovono, ma soprattutto per quelli che permettono di proliferare.

Solo quando il costo del cyberbullismo diventerà insostenibile per le aziende tech, vedremo un vero cambiamento. Nel frattempo, ogni genitore deve diventare un guardiano digitale, armato di conoscenza, strumenti e determinazione per proteggere i propri figli in un mondo online che le piattaforme hanno reso deliberatamente pericoloso. Il caso di Carolina Picchio ci ricorda che dietro ogni statistica c’è una vita spezzata e una famiglia distrutta – e che il prezzo dell’inazione è troppo alto da pagare.

Note:

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