Ddl AI, l’Intelligenza Artificiale in Italia
Il 25 giugno 2025 la Camera dei Deputati ha approvato il Ddl n. 1146, recante “Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale”.
Anche sulla scorta del Regolamento (UE) 2024/1689 – noto come Artificial Intelligence Act – il disegno di legge mira a fornire un’organica disciplina nazionale rispetto al panorama in espansione delle tecnologie AI.
L’iter del Ddl AI
Presentato dal Governo nel 2024 e approvato in prima votazione dal Senato lo scorso 20 marzo, il testo è già passato attraverso le commissioni riunite 8ª (Ambiente, transizione ecologica, energia, lavori pubblici, comunicazioni, innovazione tecnologica) e 10ª (Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale).
Nell’iter valutativo sono state coinvolte anche le commissioni 1ª (Aff. costituzionali), 2ª (Giustizia), 3ª (Aff. esteri e difesa), 4ª (Unione europea), 5ª (Bilancio), 6ª (Finanze), 7ª (Cultura, istruzione), 9ª (Industria e agricoltura), a riprova delle molteplici e complesse implicazioni che l’Intelligenza Artificiale porta con sé nei differenti ambiti della società.
Attualmente in attesa di nuovo esame al Senato, dove saranno vagliati gli emendamenti introdotti dal voto della Camera, il Ddl n. 1146 sarà probabilmente discusso e approvato entro la fine del 2025.
I contenuti del disegno di legge
Composto da 28 articoli, il Ddl si divide in 5 sezioni:
- Capo I – Principi e finalità;
- Capo II – Disposizioni di settore;
- Capo III – Strategia nazionale, Autorità nazionali e azioni di promozione;
- Capo IV – Disposizioni a tutela degli utenti e in materia di diritto d’autore;
- Capo V – Disposizioni penali.
In apertura del primo Capo, all’art. 1 si afferma che “la presente legge reca princìpi in materia di ricerca, sperimentazione, sviluppo, adozione e applicazione di sistemi e di modelli di intelligenza artificiale. Promuove un utilizzo corretto, trasparente e responsabile, in una dimensione antropocentrica, dell’intelligenza artificiale […] Garantisce la vigilanza sui rischi economici e sociali e sull’impatto sui diritti fondamentali”.
Il governo italiano sembra pertanto aderire all’impostazione europea, che con l’AI Act – espressamente richiamato dal Ddl – ha scelto un approccio cautelativo alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale, basato sulla valutazione dei livelli di rischio connessi agli ambiti in cui venga implementata.
L’art. 3 (“Princìpi generali”) precisa infatti che “la ricerca, la sperimentazione, lo sviluppo, l’adozione, l’applicazione e l’utilizzo di sistemi e di modelli di intelligenza artificiale per finalità generali avvengono nel rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà previste dalla Costituzione, del diritto dell’Unione europea e dei princìpi di trasparenza, proporzionalità, sicurezza, protezione dei dati personali, riservatezza, accuratezza, non discriminazione, parità dei sessi e sostenibilità”.
Tuttavia l’art. 6 specifica che le citate attività “sono escluse dall’ambito applicativo della presente legge” qualora siano svolte “per scopi di sicurezza nazionale”, come pure “quelle di cybersicurezza e di resilienza […] svolte dall’ACN a tutela della sicurezza nazionale nello spazio cibernetico, quelle svolte per scopi di difesa nazionale dalle Forze armate, nonché quelle svolte dalle Forze di polizia dirette a prevenire e contrastare, ai fini della sicurezza nazionale, i reati di cui all’art. 9, co. 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146”, attuativa della Convenzione di Palermo contro il crimine organizzato transnazionale.
Lo stesso articolo sancisce poi che “i sistemi di intelligenza artificiale destinati all’uso in ambito pubblico, fatta eccezione per quelli impiegati all’estero nell’ambito di operazioni militari, devono essere installati su server ubicati nel territorio nazionale, al fine di garantire la sovranità e la sicurezza dei dati sensibili dei cittadini”.
Avendo così stabilito i principi generali, il successivo Capo II del Ddl impone specifiche cautele per l’impiego dell’intelligenza artificiale in campo di sanità, lavoro e Pubbliche Amministrazioni (incluso l’apparato giudiziario), in ragione della delicatezza dei settori in questione e dei dati sensibili trattati nelle loro attività.
Il Capo III abbozza la futura Strategia Nazionale per l’Intelligenza Artificiale, individuando nell’AgID e nell’ACN le Autorità nazionali responsabili, rispettivamente, di “promuovere l’innovazione e lo sviluppo dell’IA” e di “assicurare la tutela della cybersicurezza […], ivi incluse le attività ispettive e sanzionatorie”.
Il Capo IV contiene disposizioni per la “tutela del diritto d’autore delle opere generate con l’ausilio dell’intelligenza artificiale”; mentre il Capo V modifica il codice penale introducendo “l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale” tra le modalità esecutive di vari reati, quale la Diffusione Non Consensuale di Immagini Intime o DNCII, rispetto a cui si prevede di introdurre il nuovo art. 612 quater (“Illecita diffusione di contenuti generati o alterati con sistemi di intelligenza artificiale”), al chiaro scopo di contrastare il fenomeno Deepfake.
Criticità e prospettive della futura legge italiana sull’AI
Oltre alla serie di eccezioni applicative previste dall’art. 6 – che rischiano di lasciare numerosi ambiti “scoperti” dalle tutele di legge – in molti hanno criticato la scelta di menzionare all’art. 25 il “diritto d’autore delle opere generate con l’ausilio dell’intelligenza artificiale”, senza prevedere un’adeguata e piena tutela dei creativi dallo scraping dei loro contenuti mirato a generare artefatti mediante AI.
Un ulteriore punto critico è rappresentato dalla clausola di invarianza finanziaria prevista al Capo VI dall’art. 27, che preclude investimenti pubblici significativi nella ricerca e sviluppo di sistemi AI a livello nazionale. A compensare tale limite di spesa interviene il seguente art. 28, che ammette “accordi di collaborazione con soggetti privati” nonché “consorzi, fondazioni o società con soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri”; una previsione che sembra, tuttavia, in potenziale contrasto con il principio di sovranità digitale dettato dal precedente art. 6, co. 2.
Infine, va considerato come la crescente rapidità dell’evoluzione tecnologica rischi di rendere obsoleta in pochi mesi anche la normativa più avanzata: sarà necessario attendere la definitiva approvazione del testo per valutare la reale portata innovativa del Ddl sull’Intelligenza Artificiale.