cybercrime conference: Governance dei Dati nell'era digitale: analisi delle dinamiche tra Big Tech, Privacy e Sicurezza Nazionale

Governance dei Dati nell’era digitale: analisi delle dinamiche tra Big Tech, Privacy e Sicurezza Nazionale

La governance dei dati, in un mondo sempre più frammentato da tensioni geopolitiche crescenti, emerge come fondamentale crocevia tra interessi economico-strategici e diritti fondamentali.

Il panel conclusivo della 13ª Cyber Crime Conference ha riunito cinque brillanti esperte di sicurezza nazionale, diritti e tecnologie per sviscerare le complesse dinamiche degli equilibri di potere nell’era digitale, offrendo una lettura multidimensionale di un fenomeno in continua evoluzione.

La Tavola Rotonda ha visto la partecipazione di:

  • Alessandra Guidi, Vice Direttore Generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS);
  • Elena Bassoli, Avvocato, Docente in Diritto dell’Informatica presso Unige, Presidente ANGIF;
  • Angela Procaccino, Professor of Criminal Procedure, Attorney at Law, PhD;
  • Valentina Vincenza Cuocci, professoressa ordinaria di diritto privato comparato – Università di Foggia;
  • Laura Liguori, Partner presso lo studio legale Portolano Cavallo.

Moderatrice:

  • Monica Senor, Funzionario di area direttiva dell’Autorità Garante per protezione dei dati personali.

La nuova geopolitica dei dati: equilibri in trasformazione

«Mai come in quest’ultimo periodo, il tema della governance dei dati appare importante e attuale» ha esordito Monica Senor in veste di moderatrice, introducendo un quadro internazionale in profonda trasformazione.

Monica Senor cybercrime conference - Governance dei Dati nell'era digitale: analisi delle dinamiche tra Big Tech, Privacy e Sicurezza Nazionale

Gli equilibri mondiali – già tesi da tempo – hanno infatti subito un’ulteriore perturbazione dopo la presidenza Trump, creando un clima di crescente incertezza.

In questo scenario, i dati hanno cessato di essere mere informazioni per assurgere al rango di «risorsa strategica» capace di ridefinire i rapporti di forza tra nazioni, plasmando il destino di intere economie.

L’avvento dell’intelligenza artificiale generativa, che ha dominato la scena tecnologica globale dalla fine del 2023, ha ulteriormente accentuato queste dinamiche, generando linee di frattura persino all’interno dell’ecosistema tecnologico statunitense.

Parallelamente, l’Europa si è trovata costretta a riconsiderare il proprio posizionamento strategico: la Presidente von der Leyen ha recentemente annunciato nuove strategie di implementazione dell’intelligenza artificiale che includono la creazione di grandi centri per la standardizzazione dei dati a livello europeo.

Questa iniziativa si accompagna all’annunciato ripensamento del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR), con l’obiettivo di semplificarlo per dare maggiore slancio economico e tecnologico al vecchio continente, pur mantenendo intatta la tutela dei diritti fondamentali.

Il caso TikTok: microcosmo delle tensioni sino-americane

Valentina Vincenza Cuocci ha offerto un’analisi del caso TikTok vs. Garland, deciso dalla Corte Suprema federale degli Stati Uniti il 17 gennaio 2025, utilizzandolo come prisma attraverso cui osservare le complesse dinamiche di potere nell’ecosistema digitale contemporaneo.

Valentina Vincenza Cuocci cybercrime conference - Governance dei Dati nell'era digitale: analisi delle dinamiche tra Big Tech, Privacy e Sicurezza Nazionale

«L’economia digitale si basa su milioni e milioni di dati: e questo ha innescato una vera e propria rincorsa di tutti gli ordinamenti ad adottare misure preordinate a gestire e controllare questi dati» ha osservato la professoressa, evidenziando come questa corsa al controllo dell’informazione digitale abbia generato «nuovi rischi non solo in termini di impatto sui diritti fondamentali, ma anche di sicurezza nazionale e cybersecurity».

Cuocci ha scavato sotto la superficie delle giustificazioni ufficiali per il cosiddetto “TikTok ban”, rivelando un intricato mosaico di disposizioni normative cinesi che, nel loro insieme, conferiscono a Pechino un controllo significativo su ByteDance, società madre della piattaforma.

La relatrice ha citato la legge sulle società della Repubblica cinese del 2023, in particolare l’art. 19, che conferisce al governo cinese una “Golden share” su ByteDance: questa partecipazione privilegiata non solo consente al governo di incidere sulle strategie aziendali ma implica che, in base al diritto cinese, l’azienda sia «invitata a collaborare con i servizi di intelligence e promuovere in ogni caso l’interesse del governo cinese».

Queste preoccupazioni sembrano aver trovato riscontro in eventi recenti e inquietanti: «Un gruppo di informatici statunitensi ha scoperto che un cane-robot cinese, utilizzato per una ricerca nelle università statunitensi, in realtà era collegato attraverso una backdoor a server cinesi ed effettuava attività di spionaggio» ha rivelato Cuocci, specificando che le vittime includono istituzioni prestigiose come il MIT di Boston. Un episodio che concretizza il timore che i dati raccolti da TikTok possano essere utilizzati per fini di spionaggio o manipolazione.

La risposta statunitense al problema – la richiesta a ByteDance di vendere TikTok a un’impresa USA – si scontra però con un’insormontabile barriera normativa cinese. Cuocci ha infatti evidenziato l’esistenza di una “Regulation of Technology Import and Export” che vieta l’esportazione di tecnologie strategiche, tra cui il codice sorgente di TikTok.

Questo stallo normativo illustra con chiarezza la complessità dell’attuale competizione tecnologica tra superpotenze, con i dati personali degli utenti intrappolati al centro di questo conflitto.

Il paradosso della tutela dei dati come strumento geopolitico

Una delle osservazioni più penetranti di Cuocci riguarda la trasformazione concettuale della protezione dei dati personali: «La tutela dei dati personali non è vista come tutela di diritti fondamentali, ma in chiave di sicurezza nazionale».

Questa metamorfosi segna un passaggio epocale nella concezione della privacy, che da diritto fondamentale della persona si trasforma in asset strategico nazionale.

La decisione della Corte Suprema USA, che ha ritenuto il ban di TikTok non in contrasto con la Costituzione, riflette questo nuovo paradigma «ritenendo che gli interessi della sicurezza nazionale prevalgono, senza però restringere eccessivamente la libertà di manifestazione del pensiero e la libertà di espressione».

Tale bilanciamento, tuttavia, appare maggiormente sbilanciato verso considerazioni di natura geopolitica piuttosto che verso la tutela dei diritti individuali.

La sicurezza nazionale nell’era digitale: la visione dell’intelligence

Il contributo di Alessandra Guidi, Vice Direttrice del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza, ha offerto una prospettiva privilegiata dall’osservatorio dell’intelligence nazionale.

Alessandra Guidi cybercrime conference - Governance dei Dati nell'era digitale: analisi delle dinamiche tra Big Tech, Privacy e Sicurezza Nazionale

«Sulla sicurezza nazionale spesso esiste un po’ di confusione», ha esordito Guidi, ridefinendo il concetto al di là delle anguste vesti tradizionali.

Ha poi delineato come questo perimetro sia andato via via espandendosi: «Per molto tempo si è associata [la sicurezza nazionale] ad aspetti militari e difensivi», mentre oggi esso comprende «la cybersecurity, la sicurezza economica, energetica, ambientale», fino ad ambiti come la distorsione della libera concorrenza, la manipolazione delle informazioni o le attività di propaganda online: un’espansione che riflette la metamorfosi delle minacce contemporanee, sempre più sfumate nei confini e pervasive nella loro natura

La relatrice ha quindi esaminato il caso in cui il ministero degli Interni britannico ha richiesto ad Apple l’accesso ai dati crittografati conservati su iCloud. Una richiesta che alcuni commentatori hanno assimilato a «una forma di sorveglianza praticata in Cina», evidenziando come, anche nelle democrazie occidentali, la tensione tra sicurezza collettiva e tutela dei diritti individuali generi approcci divergenti e talvolta contraddittori.

«Il contesto operativo dell’intelligence è profondamente cambiato» ha spiegato Guidi; «non si tratta più solo di raccogliere informazioni, ma di comprendere e anticipare dinamiche complesse in cui la tecnologia gioca un ruolo determinante». In questo scenario, sebbene l’accesso ai dati si configuri come necessità operativa imprescindibile per le agenzie di intelligence, esso richiede al contempo di essere inquadrato in un sistema di garanzie robuste e articolate.

L’analisi di Guidi si è poi concentrata sull’esame del complesso rapporto tra agenzie di intelligence e big tech.

«Le grandi piattaforme tecnologiche detengono oggi un potere senza precedenti, rappresentando entità sovrane con regole d’ingaggio tutte loro; e in ambito di accesso ai dati, crittografia e collaborazione con le autorità, queste regole hanno implicazioni dirette sulla sicurezza nazionale».

Questa osservazione illumina uno degli aspetti più problematici del panorama attuale: la formazione di un triangolo di potere tra Stati, corporazioni tecnologiche e cittadini, in cui gli interessi di ciascun vertice non sempre trovano punti di convergenza.

La Vice Direttrice ha affrontato anche l’annosa questione delle “backdoor” nei sistemi di crittografia, che accende periodicamente il dibattito sulla sicurezza digitale. «La richiesta di accessi privilegiati nei sistemi di crittografia solleva legittimi timori» ha riconosciuto con schiettezza, «ma d’altro canto una crittografia impenetrabile può creare zone d’ombra dove attività illecite possono proliferare indisturbate».

Senza proporre soluzioni semplicistiche, Guidi ha ribadito la necessità di un approccio che tenga conto della natura specifica delle minacce, nonché delle peculiarità del contesto in cui si manifestano.

In conclusione del suo intervento, la relatrice ha delineato un possibile modello di equilibrio tra imperativi di sicurezza e tutela dei diritti fondamentali: «È necessario un sistema di autorizzazioni e controlli che garantisca la legittimità e la proporzionalità degli interventi» ha affermato, «insieme a meccanismi di supervisione indipendente che assicurino che i poteri speciali concessi all’intelligence siano utilizzati solo quando strettamente necessario».

La frammentazione di Internet e i tre modelli concorrenti di governance

Elena Bassoli ha delineato con grande chiarezza l’emergere di un’ulteriore trasformazione: ossia di «quella che è stata definita “l’Internet parcellizzata”, con istanze differenti a seconda dell’area del mondo nella quale ci troviamo».

Elena Bassoli cybercrime conference - Governance dei Dati nell'era digitale: analisi delle dinamiche tra Big Tech, Privacy e Sicurezza Nazionale

Ha poi articolato questa definizione individuando tre modelli archetipici di governance digitale.
Il primo, caratteristico del continente europeo – «antropocentrico, concentrato sulla trasparenza, sui diritti e le libertà fondamentali» – incarna una visione in cui la dignità della persona rappresenta il baricentro irrinunciabile dell’ecosistema digitale.

Il modello statunitense, «improntato all’economia e al liberismo», privilegia invece la libertà di impresa e l’innovazione tecnologica, considerando la regolamentazione un potenziale freno alla creatività e allo sviluppo economico.

Citando ad esempio il noto caso di San Bernardino – in cui Apple rifiutò strenuamente di fornire all’FBI l’accesso al dispositivo utilizzato da un terrorista – la relatrice ha ricordato che «in seguito al rifiuto di mettere i dati del dispositivo a disposizione degli investigatori, le azioni della Apple sono schizzate alle stelle». Questa reazione rivela un fenomeno di straordinario interesse: la protezione della privacy non è più solo un imperativo etico o giuridico, essendo diventata un asset commerciale capace di influenzare significativamente il valore di mercato delle aziende tecnologiche.

Infine, il modello cinese appare «orientato al controllo, all’ordine e alla sicurezza nazionale», subordinando le libertà individuali agli interessi collettivi, interpretati e definiti dall’autorità statale.

Questa tripartizione non rappresenta un mero esercizio classificatorio, illuminando visioni del mondo e gerarchie valoriali profondamente diverse, che rendono particolarmente ardua una convergenza globale nel breve periodo.

Tuttavia, Bassoli ha suggerito che questa frammentazione abbia anche «risvolti interessanti, perché rende visibili i conflitti valoriali sottesi alla tecnologia» costringendoci a porci interrogativi fondamentali: «Che tipo di Internet vogliamo? Un’infrastruttura al servizio dell’economia? Uno spazio di controllo statale sul modello cinese? Oppure un bene comune globale fondato su diritti, responsabilità e partecipazione?»

Sovranità algoritmica: il nuovo orizzonte della competizione globale

Angela Procaccino ha introdotto il concetto di “sovranità algoritmica”, evoluzione della più familiare sovranità digitale: una nozione che si riferisce al «potere di disegnare quelle regole invisibili che governano i processi decisionali automatizzati», illuminando una dimensione spesso trascurata del potere nell’era digitale.

Angela Procaccino cybercrime conference - Governance dei Dati nell'era digitale: analisi delle dinamiche tra Big Tech, Privacy e Sicurezza Nazionale

Tale potere, ha osservato Procaccino, è attualmente concentrato nelle mani delle big tech, ovvero soggetti «che hanno una penetrazione globale ma un’accountability assolutamente limitata. Quindi, grandi capacità d’azione e ben poca responsabilizzazione». Un’osservazione che coglie il principale squilibrio dell’attuale ecosistema digitale: la sproporzione tra il potere esercitato dalle grandi piattaforme tecnologiche e i meccanismi di controllo a cui sono sottoposte.

Gli Stati, dal canto loro, cercano di recuperare terreno attraverso una produzione normativa sempre più intensa, come dimostrano le numerose previsioni europee – dal GDPR al Digital Services Act o al Digital Markets Act – e il già citato “TikTok ban” americano.

Questo sforzo regolatorio, tuttavia, si scontra con la natura intrinsecamente transnazionale delle piattaforme digitali, alimentando quella che Procaccino ha definito «una tensione crescente» tra governance globale e normative locali. Il risultato è una sorta di “balcanizzazione normativa”, in cui una rete tecnicamente unitaria viene frammentata in innumerevoli giurisdizioni con regole spesso incompatibili o contrastanti tra loro.

Ѐ allora imperativo avere ben chiari i principi fondamentali che possano fungere da denominatore comune per gli interpreti.

In merito la relatrice ha citato un’importante sentenza della Corte EDU di Strasburgo, che nel 2024 si è pronunciata sul caso Podchasov c. Russia (relativo all’accesso a dati telematici tramite backdoor) riscontrando una violazione delle garanzie democratiche previste dalla CEDU. I giudici europei hanno ribadito che, prima di ricorrere a strumenti lesivi della libertà individuale, andrebbero applicati strumenti investigativi tradizionali «valutandone la proporzionalità alla luce dei principi di uno Stato democratico».

Le nuove forme di sanzione e il coinvolgimento del management

Un aspetto particolarmente innovativo emerso dalla discussione riguarda le nuove sanzioni previste per le violazioni in ambito di cybersicurezza.

Come evidenziato da Laura Liguori, nel recepire la Direttiva NIS2 il legislatore italiano ha introdotto «una sanzione inusuale che può essere imposta dall’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale: ossia, qualora un ente sia ritenuto inadempiente rispetto alle previsioni normative, è possibile comminare la sospensione temporanea dalle funzioni dirigenziali per i legali rappresentanti o altre figure che abbiano adottato le decisioni contestate».

Laura Liguori cybercrime conference - Governance dei Dati nell'era digitale: analisi delle dinamiche tra Big Tech, Privacy e Sicurezza Nazionale

Questa soluzione, «insolita in ambito privatistico», rappresenta un tentativo audace di superare i limiti delle tradizionali sanzioni pecuniarie, puntando sulla responsabilizzazione diretta del management aziendale nell’obiettivo di creare «una sensibilizzazione forzata» sui temi della cybersicurezza.

Una novità che merita particolare attenzione, perché segna un possibile punto di svolta nell’approccio regolatorio: non più solo sanzioni rivolte all’ente giuridico – spesso percepite dalle grandi aziende come semplici costi operativi – ma conseguenze dirette per i decisori aziendali.

Resta da vedere se questa disposizione verrà applicata concretamente e quali saranno le sue implicazioni nel lungo periodo, «soprattutto considerando che l’ACN è un’agenzia governativa, quindi non un’autorità indipendente»; nonché come evolverà il quadro anche alla luce nel nuovo DDL sull’intelligenza artificiale.

L’Executive Order di Trump e il nuovo corso americano sull’intelligenza artificiale

La prof.ssa Cuocci ha anche posto l’accento su un recente sviluppo normativo di rilevanza internazionale: l’ordine esecutivo firmato dal Presidente Trump il 23 gennaio 2025, denominato Executive Order on American Leadership in Artificial Intelligence”. Questo documento, emanato all’indomani dell’insediamento presidenziale, segna una netta discontinuità con l’amministrazione precedente.

L’ordine, infatti, «revoca gli executive order e tutte le altre linee guida adottati dall’amministrazione Biden», incluso l’Executive Order del 2023 che affermava che «gli Stati Uniti avrebbero implementato un’intelligenza artificiale “safe, secure and trustworthy”».

Il nuovo paradigma proclama invece che «i sistemi di intelligenza artificiale devono essere “free from government control”», segnando un deciso cambio di rotta nella politica statunitense sull’IA.

Questo mutamento di approccio – da un modello regolatorio a uno marcatamente liberista – potrebbe accentuare ulteriormente il divario tra modelli USA e UE rispetto alla governance tecnologica, con profonde implicazioni per il futuro dell’intelligenza artificiale a livello globale.

L’Europa come faro normativo: potenzialità e vulnerabilità

Nonostante la frammentazione del panorama globale e le crescenti tensioni geopolitiche, le partecipanti alla Tavola Rotonda hanno individuato nell’approccio europeo un modello virtuoso, capace di bilanciare innovazione tecnologica e tutela dei diritti fondamentali.

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Cuocci ha sottolineato con particolare enfasi l’importanza di preservare «la trama dei valori fondamentali su cui è costruito il GDPR» durante la revisione prevista per maggio, ribadendo che il ruolo del giurista è quello di «tracciare in qualche modo il confine, ponendo come limite quello della protezione dei diritti fondamentali ma soprattutto della dignità umana».

Questa visione antropocentrica è il cuore pulsante del modello europeo, rappresentando il suo tratto distintivo rispetto agli approcci concorrenti.

Bassoli, pur riconoscendo che «una governance algoritmica condivisa a livello internazionale sia ciò a cui si debba tendere», ne ha ammesso con realismo le difficoltà di realizzazione nel breve periodo.

Nel frattempo, «risulta cruciale che l’Europa continui a farsi propulsore della regolamentazione. Il modello europeo è corretto, funziona, è quello che ci serve: ha però bisogno di rafforzarsi, per non rischiare di restare quello che potremmo definire “un gigante normativo dai piedi d’argilla”».

Questa metafora coglie lucidamente la vulnerabilità intrinseca nell’approccio europeo: elaborare norme di altissimo profilo etico e giuridico ma rischiare di vederle svuotate di efficacia, a causa della mancanza di un equivalente potere tecnologico ed economico.

La sfida per l’Europa è dunque tradurre la propria leadership normativa in una reale capacità di influenzare lo sviluppo tecnologico globale, evitando di essere marginalizzata dalla competizione sino-americana.

Epilogo: verso un equilibrio sostenibile

Il dibattito ha illuminato con chiarezza la complessità e la multidimensionalità della governance dei dati nell’era digitale.

Come ha efficacemente sintetizzato la moderatrice, oggi «i dati sono una risorsa strategica» e, di conseguenza, «sembra quasi che le norme sulla protezione dei dati non siano più poste a salvaguardia dei diritti individuali, ma come strategia di politica economica».

In questo scenario l’Europa sembra offrire un modello alternativo sia all’approccio ultraliberista statunitense sia al controllo centralizzato di stampo cinese, offrendo una visione antropocentrica che pone la dignità umana al centro dell’ecosistema digitale. Tuttavia, per essere efficace, questo modello deve dimostrare la propria capacità di coniugare protezione dei diritti e innovazione tecnologica.

Come ha suggerito una relatrice, citando un’espressione coniata dalla Corte Suprema USA nell’esaminato caso del “TikTok ban”, dobbiamo cercare di «non imbarazzare il futuro» con decisioni affrettate o miopi su questioni così complesse.

Al contrario, la sfida della governance dei dati richiede una visione a lungo termine, capace di anticipare le evoluzioni tecnologiche senza sacrificare i principi fondamentali che definiscono la nostra civiltà.

Il futuro della governance digitale si giocherà probabilmente su questa capacità di bilanciamento: tra sicurezza e libertà, innovazione e regolamentazione, interessi nazionali e cooperazione globale. Un equilibrio difficile ma necessario, in un mondo in cui i dati sono diventati – a tutti gli effetti – la nuova materia prima dell’economia e della geopolitica del XXI secolo.

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