Oltre l'Intelligence e l'Intelligenza Artificiale: la metamorfosi del mondo secondo Mario Caligiuri alla cyber crime conference

Oltre l’Intelligence e l’Intelligenza Artificiale: la metamorfosi del mondo secondo Mario Caligiuri alla 13a Cyber Crime Conference

In occasione della 13ª Cyber Crime Conference, il Prof. Mario Caligiuri – ordinario all’Università della Calabria e Presidente della Società Italiana di Intelligence – ha offerto un’analisi critica sul rapporto tra società contemporanea, intelligenza artificiale e sistemi di intelligence, delineando le sfide che attendono il futuro dell’umanità in questa fase di transizione epocale.

Un salto di specie nell’era digitale

«Secondo l’ultimo rapporto Eurispes, il 68% degli italiani ritiene di sapere poco o nulla sull’Intelligenza Artificiale, mentre il restante 32% ritiene di saperne qualcosa. Personalmente ritengo che non si tratti della caduta dell’Impero romano, né della scoperta dell’America o della presa della Bastiglia: ma piuttosto dell’uomo di Neanderthal che sta diventando Homo sapiens, del bruco che sta diventando farfalla», ha esordito Caligiuri, definendo la rivoluzione tecnologica attuale come un vero e proprio “salto di specie”.

Secondo il professore, quindi, oggi stiamo utilizzando «parole, concetti culturali, categorie mentali e teorie giuridiche che fanno riferimento a un mondo in estinzione».

Questa riflessione è emersa commentando l’AI Act dell’Unione Europea, il primo tentativo al mondo di regolamentare l’intelligenza artificiale.

Pur riconoscendo la necessità di regole per evitare il “far west digitale”, Caligiuri si domanda: «possiamo regolamentare con uno strumento rigido come la legge un fenomeno inedito nella storia del mondo, che si modifica in misura velocissima?», aggiungendo un’osservazione geopolitica fondamentale: «Noi in Europa siamo 455 milioni, su oltre 8 miliardi di abitanti del pianeta. Quali piattaforme regolamentiamo? A chi ci stiamo rivolgendo?».

Guarda il video integrale dell’intervento:

La società della disinformazione

Una parte centrale dell’intervento ha riguardato quello che Caligiuri definisce «l’emergenza educativa e democratica di questo tempo», ossia la disinformazione.

«La metamorfosi del mondo è resa opaca dalla disinformazione» ha affermato il professore, descrivendo un contesto caratterizzato dalla «dismisura dell’informazione da un lato e il basso livello di istruzione sostanziale dall’altro», che concorrono nell’allontanare sempre più le persone dalla comprensione della realtà.

Condividendo dati allarmanti, Caligiuri ha ricordato che «secondo Tullio De Mauro, il 76% dei nostri concittadini non comprende una frase complessa della nostra lingua» e «oltre il 30% degli italiani, secondo l’OCSE, è analfabeta funzionale». E ha aggiunto con preoccupazione: «Stiamo parlando delle stesse persone che rispondono ai sondaggi, navigano sui social e votano».

«Siamo come i pesci nell’acqua» ha spiegato, citando una metafora efficace: «quello di cui i pesci non sanno assolutamente nulla è proprio l’acqua. Proprio perché siamo totalmente immersi nella disinformazione, non ce ne rendiamo affatto conto».

Intelligence: comprendere la complessità

Ricordando che il ruolo degli intellettuali è quello di rendere accessibile la complessità, il relatore ha chiarito come il termine “intelligence” identifichi realtà diverse: «un apparato dello Stato dei cosiddetti, impropriamente definiti, “Servizi Segreti”; poi un metodo di trattazione delle informazioni che utilizziamo tutti per supportare le nostre decisioni; e infine il complesso di queste funzioni».

Sottolineando che «un dato da solo non serve a nulla», Caligiuri ha sottolineato che l’intelligence «è fondamentale perché contestualizza i dati», aiutandoci a «individuare le informazioni rilevanti, unire punti che sembrano dispersi e ridurre i bias cognitivi».

In definitiva, «l’intelligence serve per difendere la democrazia da sé stessa, dalle proprie inevitabili degenerazioni».

Richiamando Aristotele, il professore ha ribadito che «ogni sistema politico inevitabilmente degenera: la monarchia in tirannide, l’aristocrazia in oligarchia e la democrazia in demagogia. Oggi la chiamiamo populismo, ma è la stessa identica cosa».

Il futuro dell’Italia tra crisi e opportunità

Dopo aver ricordato che la crisi fiscale – oggi riecheggiata dall’aumento vertiginoso del debito pubblico e dalla “battaglia dei dazi” condotta dall’amministrazione Trump – storicamente è stata all’origine di grandi cambiamenti, come la rivoluzione francese o quella americana, Caligiuri è passato ad analizzare la situazione italiana, evidenziandone i principali punti di debolezza.

Innanzitutto, «la demografia: saremo sempre di meno e ciò significa essere sempre più poveri. Poi il problema dell’istruzione, rispetto a cui abbiamo un sistema molto debole, che per di più registra un abisso tra nord e sud del paese».

Il professore ha sottolineato che «studiare al sud è una cosa, studiare al nord è un’altra; curarsi al sud è una cosa, curarsi al nord un’altra; chiedere prestiti in banca al nord è una cosa, farlo al sud un’altra. L’Italia è divisa in due». Ampliando l’analisi a livello globale, ha poi ricordato che «in base ai dati OCSE, i paesi del Sud-Est asiatico dal punto di vista dell’istruzione volano, mentre tutto l’Occidente è in regressione».

Infine, «un problema gigantesco» è rappresentato dalla criminalità organizzata.

L’educazione come strumento cruciale

Di fronte ai molteplici problemi della società contemporanea, «si invoca sempre più l’educazione. Perché? Perché tutte le altre ricette sono già fallite». Tuttavia, Caligiuri ha avvertito che «per come sono strutturate, scuole e università non sono la soluzione ma fanno parte del problema».

Al riguardo il relatore ha identificato due criticità fondamentali: «Ogni apparato burocratico è autoreferenziale, quindi la scuola e l’università pensano prima di tutto a se stesse»; inoltre, «nell’educazione tutto accade cinquant’anni più tardi».

Un dato sorprendente citato da Caligiuri riguarda l’impatto dell’IA nell’apprendimento.
«La Banca Mondiale ha sperimentato un tutor di intelligenza artificiale per il periodo di giugno-luglio 2024 e ha verificato che sei settimane di utilizzo del tutor di intelligenza artificiale corrispondono a circa due anni di educazione tradizionale»; in merito ai nuovi strumenti di conoscenza, il relatore ha ricordato «l’importanza di conoscere i rischi per poter cogliere le opportunità».

Oltre l’intelligenza artificiale

In conclusione del suo intervento, Caligiuri ha sollevato una questione cruciale: «Se le intelligenze artificiali diventano efficaci ed efficienti, ma solo poche persone sono in grado di utilizzarle, noi escludiamo le moltitudini».

Richiamando il pensiero di Harari ha ricordato come si prospettino, così, «due distinte razze umane: una piccola minoranza che utilizzerà i vantaggi dell’intelligenza artificiale e le moltitudini che ne saranno dominate».

Per contrastare questa deriva, secondo il professore, «dovremmo investire per migliorare le qualità dell’uomo, accorciando i tempi di apprendimento», senza tuttavia dimenticare di «coltivare l’umanità».

In merito si potrebbe riscoprire l’importanza dell’oralità nell’educazione, immaginando «il ritorno a quello che c’era nelle università medievali: la disputatio, ossia la discussione tra studenti e docenti, senza la quale non si poteva accedere a sostenere l’esame».

Guardando al futuro Caligiuri si è interrogato su cosa ci sarà oltre l’intelligenza artificiale, menzionando «la fisica quantistica, il metaverso, persino il teletrasporto» e ricordando che «nella storia del mondo la frontiera dell’impossibile si è sempre spostata progressivamente più in là».

«La realtà è sempre davanti agli occhi di tutti, ma noi non la vediamo» ha concluso il professore, citando il filosofo sudcoreano Byung-Chul Han che «parla di crisi della verità, spiegando che nei paesi autoritari la verità non si può dire; mentre nelle società democratiche la si può dire ma viene ignorata, perché oggi non comporta alcuna conseguenza».

Condividi sui Social Network:

Ultimi Articoli