La Turchia censura internet bloccando i social media durante il colpo di stato

Il primo ministro Recep Tayyip Erdoğan negli anni ha più volte espresso la sua avversione verso i social media tentando ripetutamente di bloccare e rallentare Facebook, Twitter, Vimeo, Instagram e Youtube.

Sembra ormai essere questa la linea delle nuove leadership autoritarie; si registra che solo nella prima metà del 2016 si siano verificati più di 20 blocchi in paesi come India, Brasile, Corea del Nord, Iraq, Ciad, Malesia, e molto altri ancora. Rimane eclatante per la sua portata il caso della Cina che dopo la Grande Muraglia ha visto il nascere del Grande Firewall, una muraglia contemporanea che garantisce la sovranità del governo sulla rete.

E’ del 2007 la legge turca che permette la censura di internet, approvata con la motivazione di proteggere minori, privacy e proprietà intellettuale ed applicata contro la criminalità organizzata, il terrorismo e la criminalità contro lo Stato. Fin qui tutto lecito se non fosse che molto spesso questa stessa legge viene utilizzata contro la libertà di stampa e dell’informazione limitando la divulgazione di notizie scomode per il governo ed imbavagliando la libertà di espressione on-line.

Il conflitto tra la Turchia ed internet è emerso platealmente anche nel 2014 quando durante la campagna elettorale è stato messo in atto il blocco di alcuni social media a causa dello scandalo di corruzione che coinvolse il governo. Oltre a rafforzare i controlli su internet il Parlamento turco approvò la riforma della Giustizia imponendo il controllo della magistratura da parte del governo con l’intenzione di ostacolare le inchieste per corruzione che videro come principali attori i ministri e tante altre figure vicine al potere.

Questa stessa fu la risposta del governo turco anche nel 2015 come reazione alle pubblicazioni scioccanti avvenute in merito al sequestro ed uccisione del procuratore Mehmet Selim Kiraz da parte dei due terroristi facenti parte del Partito-Fronte rivoluzionario di liberazione del popolo (Dhkp-C) durante le proteste di Gezi Park e represse in maniera feroce dall’Akp, il partito per la Giustizia e lo Sviluppo di orientamento islamico che dal 2002 si è contraddistinto per la sua linea conservatrice violenta.

I nuovi media sono ritenuti da Erdogan una minaccia per lo stato e la società ed è per questo che sono state messe in atto forme di controllo e sorveglianza su milioni di messaggi e centinaia di profili e siti.

Ma se da un lato il primo ministro dichiara guerra all’on-line, dall’altro utilizza questo stesso mezzo per promuovere la sua ideologia e portare avanti la sua propaganda. E’ di ieri il video messaggio da lui lanciato in diretta Tv tramite uno smart phone con lo scopo di incitare il popolo a resistere al golp ed affermare l’autorità e la sovranità del governo spodestato in quegli attimi dall’esercito.

Perseverando con queste politiche di censura si rischia che l’intero Cyberspazio diventi una gigantesca intranet.

Come viene messo in atto il blocco/rallentamento di internet in Turchia

Le infrastrutture di Turk Telecom giocano ovviamente un ruolo chiave, poiché tutto il traffico internet passa tramite loro permettendo così un controllo centralizzato sui contenuti messi on-line e rendendo le azioni di blocco di facile attuazione.

Tutto iniziò a marzo del 2014, quando il presidente turco ordinò la censura di Twitter.com, e proseguì restituendo falsi indirizzi IP dai server DNS di Turk Telekom.
Presto però gli utenti interessati scoprirono che impostando manualmente i DNS di Google o OpenDNS riuscivano ad aggirare il blocco.

Come in tutte le rivoluzione che insorgono dal basso venne anche in questo caso realizzata una campagna di informazione da parte dei cittadini, i quali ricoprirono i muri della città con i DNS aperti. Questo sistema permise agli utenti di aggirare momentaneamente la censura.

La Turk Telekom di risposta a questo comportamento iniziò a dirottare gli indirizzi IP dei più popolari fornitori DNS liberi e aperti, come Google, OpenDNS e Level3.
In questo modo invece di bloccare semplicemente le richieste, fingono di essere questi stessi servizi DNS, rispondendo alle query e restituendo IP diversi dagli originali. Gli utenti non possono così rendersi conto della censura poiché di risposta non ricevono più delle pagine vuote o chiuse ma vengono reindirizzati a dei finti server che si spacciano per gli originali.

E’ tramite questa procedura che le Telco turche ricevendo le richieste come se fossero i server originali riescono inoltre a spiare il comportamento dei loro utenti.

Come eludere la censura internet

Molti sono i post che suggeriscono come oltrepassare i limiti indetti dal governo turco, Anonymous e tanti altri profili hacker si sono mobilitati a tal proposito suggerendo soluzioni di facile attuazione.
Agli utenti vittime della censura basta utilizzare una VPN o il browser Tor per sovvertire il blocco, riuscendo così ad eludere il controllo semplicemente simulando una navigazione da un paese diverso della Turchia.

A cura della redazione

Condividi sui Social Network:

Articoli simili