Aiuti di stato e affidamenti in house nei servizi ICT

La sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, sez. III bis, 13 agosto 2019, n. 10528 interviene nel definire i lineamenti delle società in house e l’erogazione di contributi alle stesse.

Nel caso di specie, un’erogazione di contributo per complessivi di 27 milioni («13 milioni di euro per il supercalcolo e 14 milioni di euro per servizi») per attività e servizi (informatici connessi alla gestione dei procedimenti dell’Amministrazione erogante, quali la progettazione di appositi portali tematici e di banche dati, l’informatizzazione dei processi e la loro dematerializzazione) volendo (su indicazione del ricorrente, società operante nel settore della progettazione e dello sviluppo di sistemi software ad elevato contenuto tecnologico) accertare l’illegittimità in quanto «aiuto di stato», sostanzialmente erogati al buio, senza alcuna motivazione e senza gara alcuna, in violazione delle disposizioni del Trattato sull’Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (ex art. 107 e 108 Tfue).

Quanto alla legitimatio ad causam [1], il Tribunale la rinviene dal fatto che il ricorrente:

  • opera e si confronta nello stesso mercato, essendo un operatore economico specializzato nella realizzazione e nello sviluppo di sistemi di software a elevato contenuto tecnologico e che, al pari del soggetto in house, offre sul mercato software gestionali e non solo nello specifico settore in cui opera quel comparto della P.A., ma anche di tutte le PP.AA.;
  • per l’attività concernente il supercalcolo, essendo necessari investimenti e know-how di specializzazione professionale di elevato livello, in mancanza di una puntuale rendicontazione e di una conseguente rigida separazione contabile in ordine alle singole attività svolte dall’assegnatario della risorsa, il relativo contributo potrebbe, in realtà, finire per finanziare, in concreto, la diversa attività svolta dal medesimo soggetto nell’ambito dell’elaborazione dei sistemi informatici per la P.A. erogante, falsando – in modo non apparente – quel mercato che interessa in modo diretto e immediato, concretizzando il rischio del sussidio incrociato.

Si tratterebbe di un’evidente alterazione delle regole concorrenziali, assegnando in modo indiscriminato una posizione di vantaggio, con pregiudizio delle sorte dell’impresa privata: gli aiuti concessi sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsano o minacciano di falsare la concorrenza (o forse, direbbero alcuni, in modo sleale).

In termini diversi, attraverso l’erogazione di un contributo viene by-passata l’attività negoziale di individuazione del contraente (privato) in grado di fornire determinati servizi alla P.A., senza alcun genere di mediazione del libero mercato: donde deriva, per la società ricorrente, una posizione giuridica differenziata rispetto alla restante platea degli operatori economici di impresa attiva nel comparto dell’Information and Communication Technology (ICT).

Appurato l’interesse il Tribunale, nel respingere il ricorso, dopo aver chiarito che il giudice nazionale non ha alcuna competenza in ordine alla valutazione di compatibilità dell’aiuto, riservata alla Commissione[2], precisa che il giudice nazionale è coinvolto, negli adempimenti connessi con la normativa sugli aiuti, solo con riguardo:

  • ai casi in cui un’autorità dello Stato abbia concesso l’aiuto senza rispettare la clausola di sospensione;
  • all’esecuzione delle decisioni di recupero;
  • in ordine alle domande di risarcimento dei danni causati dall’aiuto di Stato illegale a concorrenti del beneficiario e terzi;
  • in definitiva, alla verifica della riconducibilità della misura agevolativa nella fattispecie astratta di aiuto di Stato e l’eventuale rispetto della disciplina procedurale.

Delimitati i propri poteri, il collegio si sofferma sulla nozione «di aiuti di stato» e sulla natura del soggetto destinatario, rilevando che:

  • il carattere del contributo non rientra nella fattispecie definita dal par. 1 dell’art. 107 Tfue, non sussistendo il requisito dell’esercizio di attività economica da parte del beneficiario: non si tratterebbe di un operatore economico, bensì di soggetto che risulta funzionale all’esercizio della funzione pubblica, risultandone un’indiretta emanazione: simile ad una longa manus dell’Amministrazione, che ad essa si sostituisce nella produzione e nell’erogazione di determinati servizi[3];
  • l’erogazione del contributo (quello sul supercalcolo) risponde all’esigenze di ricerca e sviluppo[4], con conseguente possibilità di contemperare il potenziale effetto distorsivo dell’intervento pubblico nell’economia in quanto strumenti utili al rafforzamento di un’economia sociale di mercato e per una crescita «intelligente», «sostenibile», «inclusiva»[5];
  • gli investimenti per la ricerca (c.d. del sapere) o infrastrutture in ICT, secondo la Commissione, non rivestono carattere economico, qualora siano assolti/svolti da soggetti a ciò deputati, non essendo operatori economici nel o per il mercato (ad es. università o istituti di ricerca) ma – indipendentemente dal loro status giuridico (di diritto privato o pubblico) abbiano come finalità istituzionali lo svolgere in maniera indipendente attività di ricerca industriale o di sviluppo sperimentale o nel garantire un’ampia diffusione dei risultati di tali attività mediante l’insegnamento, la pubblicazione o il trasferimento di conoscenze;
  • il beneficiario, alla luce delle considerazioni che precedono, assolve a questo ruolo funzionale negli ambiti elencati, assicurando un obiettivo primario connesso all’interesse pubblico e strategico di trasferimento delle conoscenze e delle tecnologie di avanguardia essenziali per la crescita del sistema Paese (peraltro, dimostrato da una forma di contabilità e rendiconto separate).

Con riferimento al finanziamento rappresentato dal servizio informativo, il Tribunale conferma ugualmente infondato il ricorso introduttivo, in considerazione dei seguenti motivi:

  • mancanza di un indebito vantaggio economico, non traducendosi in un versamento a fondo perduto ma condizionato allo svolgimento di determinati servizi e attività e subordinato a un rendiconto soggetto all’approvazione dell’Amministrazione competente (rilevando la presenza di una convenzione di servizio);
  • assenza di una concreta determinazione dell’aiuto, avendo definito il quantum del servizio, risultato congruo con i prezzi di mercato (secondo i parametri dell’ordinamento giuridico dell’Unione, le operazioni economiche effettuate da enti pubblici non costituiscono «aiuto di Stato» se sono svolte alle normali condizioni di mercato, quantificazione che potrà avvenire solo al termine della rendicontazione);
  • le normative e statutarie rispondono alla scelta di definire il soggetto beneficiario come l’esecutore stesso dei servizi in nome e per conto della P.A. erogante, con lo scopo evidente di evitare l’esternalizzazione del servizio, ergo la gara;
  • il soggetto beneficiario acquisirà il pagamento della somma ad una fase successiva al perfezionamento delle procedure previste dall’art. 192, comma 2, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (ovvero, avere i requisiti per l’in house)[6].

A bene vedere, un palese richiamo è all’istituto dell’in house providing, di indubbia connotazione pubblicistica, che prevede che l’Amministrazione Pubblica fornisca i servizi pubblici in “auto-produzione[7]; servizi affidati a un ente strumentale, formalmente autonomo ma funzionalmente, organizzativamente e finanziariamente da essa dipendente.

Un soggetto incaricato di una gestione in qualche modo riconducibile allo stesso Ente affidante o a sue articolazioni, secondo un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di “delegazione interorganica” (che fa venir meno la terzietà dell’affidatario)[8], che ad essa si sostituisce nella produzione e nell’erogazione di determinati servizi, in deroga ai principi, di derivazione comunitaria e di tutela del mercato, di concorrenza, non discriminazione e trasparenza[9].

Si tratta, infatti, di organismi istituiti per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale, dotati di personalità giuridica e la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi: tali precipue caratteristiche rilevano esclusivamente ai fini dell’affidamento in house del servizio da parte della P.A., che non deve, quindi, ricorrere – per l’attribuzione di tali funzioni – a una procedura ad evidenza pubblica[10].

La gestione in house esime, quindi, l’ente pubblico che vi fa ricorso dall’adozione delle procedure concorsuali previste dal Codice dei Contratti pubblici (oltre che dell’art. 16 del D.Lgs. n. 175/2016 sulle società pubbliche): l’art. 5, comma 1, del D.Lgs. n. 50/2016, consente l’affidamento “in house” ad una persona giuridica se l’Amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore esercitano sulla persona giuridica stessa un “controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi”, vale a dire che la società in house costituisce una sorta di ente strumentale della stazione appaltante, praticamente quasi un suo “braccio operativo[11].

La sentenza n. 10529/2019 del T.A.R. Lazio, Roma, sez. III bis, termina segnalando che «l’erogazione, in quanto oggetto di in house, potrebbe essere considerata neutra ai fini del criterio di finanziamento per mezzo di risorse statali di cui all’art. 107, par. 1, TFUE e ai fini dell’alterità del suo beneficiario».

L’apporto conferma i requisiti necessari e posseduti dell’in house del beneficiario:

  • istituito su iniziativa ministeriale, attraverso la sottoscrizione di Università;
  • partecipato da soli enti pubblici, risultando, pertanto, a partecipazione interamente pubblica;
  • lo statuto del soggetto beneficiario (in house) precisa da una parte, che le attività indicate nel relativo oggetto sociale sono «nell’esclusivo interesse degli Enti consorziati ed in esecuzione o comunque in conformità alle decisioni di affidamento o di incarico provenienti da tali Enti» (P.A.), dall’altra parte, lo scopo primario «è la realizzazione di servizi informatici innovativi per i Consorziati, al fine di renderli più efficienti e moderni, nella maniera economicamente più vantaggiosa mediante la valorizzazione di tecnologie e la condivisione degli obiettivi di sviluppo. Gli obiettivi sono realizzati mediante la produzione di servizi ad alta potenzialità ed efficienza e il trasferimento applicativo di tecnologie per lo sviluppo e l’eccellenza del sistema nazionale dell’istruzione superiore e della ricerca»[12].

Il quadro fattuale e le norme di riferimento confermano che la scelta dell’Amministrazione di far svolgere un servizio al soggetto beneficiario del contributo – qualificato come ente in house – non si traduce in una previsione contrastante con la disciplina in tema di aiuti di Stato, potendo semmai presentare rilievo ai fini della concorrenza per il mercato e, in particolare, nel senso della disapplicazione illegittima della procedura ad evidenza pubblica.

Quest’ultima evenienza viene scongiurata in relazione al quadro delle allegazioni, atteso che «appaiono sussistere adeguati elementi probatori, in termini probabilistici, per qualificare l’ente come in house, con riferimento ai requisiti del “controllo analogo congiunto”, dell’“attività prevalente” e della “totale partecipazione pubblica”», come previsto dalle norme del Codice dei Contratti pubblici.

Infatti, il soggetto beneficiario:

  • è attualmente interamente a capitale pubblico;
  • le clausole statutarie non appaiono prevedere strumenti di agevole modifica della compagine statutaria finalizzati a introdurre soggetti di natura privata al suo interno;
  • tutti i partecipanti (del soggetto beneficiario e del soggetto erogatore) hanno pari influenza dominante (i requisiti richiesti per il controllo analogo)[13] sulla gestione, seppur in relazione alla relativa partecipazione[14], mantenendo le funzioni di indirizzo strategico e di controllo nei confronti degli organi.

Il pronunciamento segna inevitabilmente un ingresso nel comparto dell’Information and Communication Technology da parte della P.A., senza alcuna mediazione del mercato e degli operatori economici (senza concorrenza) in controtendenza rispetto alle indicazioni comunitarie e i precetti legislativi nazionali, indicato che l’art. 192, comma 2, del citato D.Lgs. n. 50/2016, assoggetta l’affidamento in house a una duplice condizione:

  • la prima consiste nell’obbligo di motivare le condizioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato;
  • la seconda nell’obbligo di indicare gli specifici benefici per la collettività connessi all’affidamento in house.

L’aggravamento degli oneri posti a carico delle Amministrazioni Pubbliche che intendano ricorrere ad affidamenti in house va spiegata, in modo cangiante, con l’orientamento di sfavore del legislatore italiano verso gli affidamenti diretti in regime di delegazione interorganica rispetto ad altre forme di affidamento e, in particolare, all’affidamento che avvenga mediante procedura di gara[15].

La creazione di organismi partecipati, con autoproduzione di servizi, frappone un’inevitabile posizione di vantaggio competitivo sul libero mercato e sulla concorrenza, posto che tali organismi in house (non si può escludere) possano anche operare nel cit. mercato, godendo di ingenti investimenti pubblici che gli altri operatori privati non ricevono, delineando potenziali posizioni dominanti o regimi di monopolio, avendo con l’in house un sostegno diretto – a costo zero – per la ricerca e la conoscenza: un inevitabile paradosso alla trasparenza che a livello comunitario esige, prima della pubblicità, la concorrenza[16].

 

Note

[1] Nel processo amministrativo, la legittimazione a ricorrere (titolo o possibilità giuridica dell’azione) coincide con la titolarità di una situazione giuridica soggettiva qualificata e tutelata dall’ordinamento, Cons. Stato, sez. V, 25 giugno 2018, n. 3923; sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5713; sez. IV, 19 luglio 2017, n. 3563; sez. VI, 2 maggio 2017, n. 2004; sez. VI, 21 marzo 2016, n. 1156.

[2] La Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ripetutamente affermato che sia i giudici nazionali che la Commissione svolgono ruoli essenziali, ma distinti, nel contesto dell’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato, C-368/04, Transalpine Ölleitung in Österreich, punto 37; C-261/01 e C-262/01, Van Calster e Cleeren, punto 74; C-39/94, SFEI e altri, punto 41, dovendo semmai pronunciarsi sulle misure idonee a porre rimedio all’illegittimità dell’esecuzione degli aiuti, affinché il beneficiario non conservi la libera disponibilità di questi ultimi per il tempo rimanente fino alla decisione della Commissione.

[3] Cfr. Corte di giustizia CE, 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal.

[4] Secondo la Comunicazione della Commissione europea dedicata dalla «disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione (2014/C 198/01)», gli aiuti per la costruzione e l’ammodernamento di infrastrutture di ricerca possono risultare compatibili con il mercato interno, in quanto sono attrattiva di nuovi ricercatori di talento da tutto il mondo e sono indispensabili per le nuove ICT e per le relative tecnologie abilitanti.

[5] Obiettivi che rientrano nella “strategia Europa 2020”, il programma dell’UE per la crescita e l’occupazione per il decennio in corso che mette l’accento su una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, come mezzo per superare le carenze strutturali dell’economia europea, migliorarne la competitività e la produttività e favorire l’affermarsi di un’economia di mercato sociale sostenibile.

[6] Vedi, anche, ANAC, Linee Guida n. 7, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 recanti «Linee Guida per l’iscrizione nell’Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house previsto dall’art. 192 del d.lgs. 50/2016».

[7] La P.A., nell’ambito della propria discrezionalità può scegliere l’opzione organizzativa che maggiormente assicura il perseguimento delle missioni istituzionali nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, principi immanenti alla gestione della cosa pubblica, assicurando un controllo e una vigilanza reale (ex art. 97 Cost.), Corte Conti, sez. contr. Valle d’Aosta, Deliberazione n. 2/2019/FRG del 30 gennaio 2019, pagg. 18 ss.

[8] Cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. III, 29 novembre 2012, C-183/11 e C-183/1. Vedi, anche, T.A.R. Abruzzo, Pescara, sez. I, 29 novembre 2018, n. 357.

[9] Cons. Stato, sez. II, parere 30 gennaio 2015, n. 298.

[10] Cfr. gli artt. 5 e 192 del D.Lgs. n. 50/2016 e artt. 4 e 16 del D.Lgs. 175/2016.

[11] T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 6 luglio 2019, n. 1558.

[12] Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 6 dicembre 2018, n. 2746, ove si richiamano i disposti dell’art. 5, comma 1, lett. b), del D.Lgs. n. 50/2016 e dell’art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 175/2016, riferito alla percentuale dei lavori da eseguire rispetto al fatturato per gli affidamenti in house.

[13] Che deve intendersi come potere da parte dei soci pubblici ad un controllo analogo a quello esercitato sui propri uffici (c.d. requisito strutturale), che si concreta nel potere in capo ai citati soci pubblici di predeterminare le scelte strategiche aziendali, ricorrendo a maggioranze qualificate previste nello Statuto aziendale o in base a patti para – sociali di voto, T.A.R. Lazio, Roma, sez. III bis, 13 agosto 2019, n. 10528; Cons. Stato, sez. V, 16 novembre 2018, n. 6456; Corte Conti, sez. Riunite, 20 giugno 2019, n. 11.

[14] Non si tratta, di conseguenza, di una partecipazione “pulviscolare”, inidonea a consentire ai singoli soggetti pubblici partecipanti di effettivamente incidere sulle decisioni strategiche della società, cioè di realizzare una reale interferenza sul conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa in presenza di interessi contrastanti e, in ultimo, impeditivi, Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 2019, n. 578.

[15] Cons. Stato, sez. V, 31 luglio 2019, n. 5444 e 14 gennaio 2019, n. 296.

[16] Fenomeno non certo nuovo, «gli affidamenti in house non convincono appieno ma comprimono la concorrenza, creano disparità, discriminazioni e forse minano le libertà sulle quali si è costruito l’Europa: un grande mercato unico nel quale la sussidiarietà permette l’autonomia ad ogni livello di governo sociale e civile, nel quale tutti gli attori dovrebbero assicurare servizi pubblici di qualità e a prezzi contenuti, nel quale i monopoli o oligopoli non dovrebbero trovare cittadinanza alcuna», un contributo di chi scrive, Il paradosso degli affidamenti in house, tra meccanismi di incompiuta liberalizzazione e incompatibilità comunitaria, LexItalia.it, 2004, n. 9.

 

Articolo a cura di Maurizio Lucca

Profilo Autore

Avv. Maurizio Lucca. Segretario Generale presso Amministrazioni Locali. Ha svolto le funzioni di Direttore Generale in diversi Enti locali. Componente in Nuclei di Valutazione/OIV. Giornalista pubblicista. Formatore nelle tematiche della Pubblica Amministrazione. Docente per la FAD in materia di trasparenza e prevenzione della corruzione, curando il canale tematico “Anticorruzione CHANNEL” del gruppo Maggioli. Scrive per diverse riviste giuridiche. Autore di oltre 700 pubblicazioni tra libri, formulari, saggi e articoli. Tra gli ultimi libri, I contratti degli enti locali. Formulario degli atti negoziali con guida tecnica alla redazione, Maggioli, 2018, pagg. 814. Laureato con il massimo dei voti e una lode in Giurisprudenza e Science politiche. Tra i vari corsi di formazione professionale ha acquisito il Diploma di Perfezionamento (Legge 341/1990 – Map (Management per le Pubbliche Amministrazioni) “Academy dei Segretari Comunali e Provinciali” (Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi - SDA School of Management) 2011; il Master “Governo delle Reti di Sviluppo Locale”, Università degli Studi di Padova, 2014.

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