Internet delle cose e servitizzazione – Una nuova rivoluzione della manifattura

UN NUOVO SCENARIO COMPETITIVO

Le aziende italiane (ma non solo), stanno affrontando un periodo storico ricco di cambiamenti che si susseguono a velocità notevolmente superiore rispetto a quanto già accaduto nel passato. La capacità di saper anticipare, o quantomeno cogliere con rapidità, le direttrici di questo cambiamento, è quindi divenuta l’elemento fondamentale per trasformare questi input esogeni, in veri percorsi di cambiamento all’interno delle imprese.

Ad esempio, fenomeni come la globalizzazione e la rivoluzione digitale hanno oggi radicalmente cambiato la sostenibilità del paradigma economico: l’innovazione di prodotto può oggi non essere più sufficiente per difendere vantaggi competitivi messi a rischio da fenomeni quali la globalizzazione e la rivoluzione digitale. Per rispondere a questi cambiamenti aziende manifatturiere leader dei propri settori hanno rivoluzionato la propria offerta espandendo il proprio portafoglio di servizi al cliente e in alcuni casi rivoluzionando il proprio modello di business. Queste aziende hanno saputo cogliere le direttrici di cambiamento imposte dal mercato ed incarnano oggi il nuovo paradigma di prodotto- servizio: il servizio non è più visto come “male necessario”, bensì è al centro dell’offerta per soddisfare e supportare le crescenti esigenze dei clienti. L’attuazione di questa strategia, nota come servitizzazione, si manifesta oggi anche grazie al supporto di potenti strumenti informativi, in servizi efficaci ed efficienti attraverso il lungo ciclo di vita dei prodotti e in alcuni casi in modelli di business innovativi in cui ciò che viene venduto non è più il bene tangibile, bensì il servizio ad esso associato (es. disponibilità, ore di funzionamento, contratti payper- x …). In questo nuovo paradigma l’attenzione non è più esclusivamente posta sull’acquisto del bene, bensì sul valore d’uso del prodotto[1].

A complicare ulteriormente il contesto economico globale, le aziende sempre di più si trovano (e troveranno) a competere all’interno di mercati stazionari o addirittura in recessione[2], con una domanda sempre più frammentata, nella misura in cui il cliente vorrà sempre di più personalizzare il prodotto / la soluzione che vorrà acquistare[3]. Tale esigenza si traduce in una maggiore ampiezza di gamma, con annessa riduzione della domanda di ogni articolo “a catalogo”. È il ben noto paradigma della coda lunga di Chris Anderson, che prima di tutti ha saputo cogliere e spiegare il fatto che il business del futuro non consisterà tanto nel produrre pochi prodotti in elevate quantità, bensì nella capacità di fronteggiare gamme sempre più ampie, caratterizzate da codici con domanda relativamente ridotta.
La parola chiave per le imprese diventerà cioè la flessibilità.

In questo scenario competitivo in profonda evoluzione, s’inseriscono le nuove tecnologie digitali, disponibili a prezzi sempre più accessibili (anche) alle PMI. Queste tecnologie, secondo autorevoli fonti (Scientific American[4] e McKinsey[5] su tutte), agiranno in modo così trasformativo sui prodotti e sulle modalità operative per realizzarli (processi), tali da innescare una vera e propria nuova rivoluzione industriale. Tra le svariate tecnologie ad oggi in corso di maturazione, oltre al noto 3D Printing, giocheranno un ruolo di primo piano anche i sistemi di comunicazione intelligente di sensori, l’Internet of Things, la Realtà Aumentata, la Realtà Virtuale, il Social Manufacturing, le Nanotecnologie e l’Intelligenza Artificiale.

L’INTERNET DELLE COSE

Una delle tecnologie maggiormente conclamata come elemento abilitante di questa rivoluzione è sicuramente l’Internet of Things (d’ora in poi IoT). Elemento peculiare della tecnologia è la possibilità che ogni oggetto possa essere in grado di scambiare in modo autonomo informazioni con gli oggetti circostanti, modificando anche il proprio comportamento in funzione degli input ricevuti dagli altri oggetti, richiamando così in un contesto differente il comportamento adaptive. Si è iniziato a parlare di IoT sin dal 2010, da quando il numero di oggetti connessi alla rete (di qualsiasi tipologia e dimensione) ha superato il numero degli abitanti del nostro pianeta. Si stima che entro il 2020 gli oggetti in grado di comunicare ed interagire arriverà a superare la soglia dei 50 miliardi[6].

Secondo lo studio effettuato da Gartner, l’IoT si trova molto vicino al picco della curva delle aspettative (Figura 1): ad oggi del resto si tratta di un tema molto discusso, sebbene le applicazioni effettive siano ancora ridotte e i risultati richiedano ancora tempo prima di poter essere pienamente quantificati. Non a caso, Gartner stima in almeno 10 anni il periodo di maturazione definitiva, coerentemente con la necessità da parte dei provider tecnologici di creare piattaforme, protocolli ed ecosistemi di sviluppo integrati e diffusi su scala mondiale, in grado di garantire la sicurezza dell’interazione tra oggetti diversi in real time. Le attuali applicazioni sono state infatti implementate in versioni create ad hoc, utilizzando diversi standard per lo sviluppo e il deployment. In questa senso i limiti appaiono ancora molto forti.

CONOSCENZA E UTILIZZO DELL’IOT: UN’INDAGINE IN ITALIA

Recentemente, una ricerca condotta dal Laboratorio sul Supply Chain and Service Management dell’Università di Brescia (ricerca ancora in corso), ha iniziato a studiare come le nuove tecnologie digitali (sopra menzionate) siano note e applicate nelle aziende manifatturiere. Dai risultati preliminari, si evince come anche il molto discusso Internet of Things risulti non avere ancora fatto presa nel mondo manifatturiero: solo il 49% delle aziende[7] ha approfondito (e parzialmente) le sue applicazioni (Figura 2).

Oltre alla (poca) conoscenza, dalla Figura 2 è possibile notare come (spesso) il livello di approfondimento sia superficiale: ciò significa che la maggior parte delle imprese conosce il campo di applicazione generale della tecnologia, ma tendenzialmente non si è spinta oltre, per esempio analizzandone più a fondo ambiti applicativi e benefici potenziali. Solo una minoranza del campione ha approfondito in modo mirato le specifiche tecniche e i paradigmi di funzionamento della tecnologia, valutandone analiticamente i potenziali benefici e costi associati.

Infine, dalla Figura 3 è evidente come la maggioranza delle imprese analizzate non stia utilizzando nessuna tecnologia (e non abbia nemmeno previsto di farlo nel breve periodo): nello specifico, solo il 12% delle aziende sta implementando applicazioni dell’Internet of Things (anche nella sua versione minimale, legata a sistemi RFID). Emerge inoltre un altro aspetto chiave nel valutare la diffusione e l’utilizzo della tecnologia IoT nel panorama italiano: sempre prendendo spunto dai risultati della ricerca, emerge come le (poche) aziende che già oggi applicano la tecnologia, lo facciano quasi esclusivamente in ambito logistico e/o produttivo, in termini di miglioramento della tracciabilità / rintracciabilità dei prodotti lungo la filiera e di controllo delle attività dei propri impianti.

CREARE VALORE GRAZIE ALL’INTERNET DELLE COSE: LA SERVITIZZAZIONE

La maggiore attenzione posta dai media e dalle aziende sulle tecnologie IoT negli ultimi anni, è (anche) dovuta alla capacità di essere un elemento abilitante al processo di servitizzazione delle aziende. Un ruolo chiave è infatti rappresentato dal ritorno delle informazioni (dai clienti verso i produttori) legate allo stato di funzionamento del prodotto e delle condizioni al contorno, tramite cui poter elaborare specifiche politiche di manutenzione e service che possono abilitare modelli di business legati all’“utilizzo” del prodotto (i.e. pay-per-use, pay-per-availability, pay-per-performance). In quest’ambito specifico, il caso di successo per eccellenza è rappresentato da un’importante azienda britannica che sin dalla fine degli anni ’90 ha deciso di focalizzare sempre più l’attenzione non solo sul prodotto venduto, ma anche sui servizi post-vendita ad esso associati. Si sta parlando dell’azienda britannica Rolls Royce. Coerentemente con questa strategia di servitizzazione, l’azienda ha creato piani di manutenzione e assistenza innovativi (“power by the hour” program) in grado di legarsi alle performance dei propri prodotti (in questo caso turbine per aerei) piuttosto che alle attività di riparazione e ai materiali di ricambio. Il percorso di servitizzazione intrapreso è culminato con l’introduzione nel 2005 del programma “Total Care”, momento da cui tutti i motori realizzati sono accompagnati da servizi di controllo e monitoraggio continuo in grado di prevenire possibili guasti e garantire una migliore gestione della manutenzione. Elemento peculiare della nuova strategia service-oriented è la possibilità di raccogliere dati in tempo reale sul funzionamento dei propri prodotti: i dati sul funzionamento (prestazioni e condizioni) dei motori sono rilevati da sensori avanzati di auto diagnosi e controllo, che inviati in tempo reale via satellite al centro operativo R-R situato in una specifica località, vengono elaborati fino a generare report contenenti segnalazioni poi interpretate dagli ingegneri. Queste informazioni sono trattate per definire una politica pay-per-use, in cui il cliente paga le ore di funzionamento ed utilizzo reale delle proprie turbine. Questo percorso evolutivo di differenziazione, ha portato l’azienda ad essere meno soggetta alle fluttuazioni finanziarie tipiche di un mercato molto competitivo, riducendo il proprio rischio finanziario. Ad oggi infatti, circa il 50% del fatturato aziendale deriva dalle attività di service come i contratti di manutenzione Total Care (della durata di 7-20 anni), che coprono quasi il 70% della flotta civile su cui si trovano le turbine R-R.

STORIE DI SUCCESSO IN ITALIA

Applicazioni avanzate della tecnologia IoT, legate alla raccolta ed elaborazione dei dati in real time, nonché alla raccolta di informazioni sull’uso dei prodotti presso i clienti (entrambe azioni propedeutiche allo sviluppo di nuove strategie di service), sono limitate ad una ristretta élite di aziende in Italia. Per citare (almeno) un caso di successo nel nostro paese (oltre all’esempio introduttivo relativo alle turbine di Rolls Royce), è possibile fare il nome della piacentina MCM, che realizza centri di lavoro di altissima precisione. Già da qualche tempo l’azienda implementa all’interno delle proprie attrezzature sistemi di raccolta dati avanzati, in grado di rilevare lo stato di avanzamento delle attività produttive della propria base installata. Grazie alla disponibilità in real time di queste informazioni sull’utilizzo delle macchine presso i clienti, MCM mette a disposizione degli stessi un sistema di controllo integrato, grazie a cui offre servizi di programmazione e pianificazione della produzione del cliente sulle proprie macchine, e di gestione predittiva delle attività di manutenzione. Il valore aggiunto del servizio è davvero molto elevato, permettendo al cliente di focalizzarsi sulle proprie attività core, lasciando invece la gestione e pianificazione delle attività produttive e manutentive al fornitore delle attrezzature.

Come accennato in precedenza, decisamente più diffuse (anche a livello italiano) appaiono invece le applicazioni in ambiti strettamente produttivi e anche all’interno dei processi logistici e di manutenzione.

Un caso interessante vede come protagonista uno dei più grandi produttori di caffè presenti in Piemonte, il quale, implementando tale tecnologia nel suo ciclo produttivo, ha migliorato l’utilizzo della materia prima in tutte le fasi del ciclo produttivo, andando così ad eliminare significative quantità di scarti (riducendole ad un valore prossimo allo zero). L’implementazione della tecnologia ha permesso di creare un collegamento tra il prodotto ed il processo: grazie a sensori posti selle confezioni in lavorazione, il prodotto fornisce ora dettagli sulle sue condizioni relative allo stato di lavorazione (temperatura, umidità, …), mettendole a disposizione dell’intera linea di produzione.

Con queste informazioni, l’azienda ora può rilevare in tempo reale eventuali anomalie del processo produttivo, in modo da intercettare al più presto eventuali prodotti fuori standard. Questa applicazione rappresenta un esempio di utilizzo della tecnologia in grado di facilitare il controllo e la tracciatura dei flussi di prodotti e di dati all’interno dell’azienda, con l’obiettivo principale di mettere a disposizione informazioni alle diverse aree aziendali, con cui eseguire attività propedeutiche al mantenimento delle prestazioni organolettiche richieste, riducendo allo stesso tempo gli scarti del processo (legati a condizioni non standard di lavoro).

Un altro rilevante caso applicativo prende in considerazione un produttore di tubi senza saldatura per l’industria petrolifera, energetica e automotive.
In questo caso, la tecnologia IoT (nuovamente nella sua forma basilare RFID) impatta maggiormente sul processo di manutenzione delle attrezzature. Un’azienda di processo come quella in esame, richiede la massima operatività ed efficienza dei propri impianti, da cui deriva anche una riduzione/eliminazione dei tempi di fermo. I dati raccolti permettono di monitorare e controllare lo stato delle attrezzature per ogni fase del ciclo di lavorazione. Ad oggi il responsabile della manutenzione, con l’ausilio di dispositivi tablet interconnessi con sistemi di lettura RFID, gestisce in real lo stato di salute della linea impegnata nel ciclo di produzione, grazie alla tracciabilità completa delle informazioni di ogni item presente in linea (tramite un tag RFID).

I meccanici hanno accesso alle stesse informazioni, potendo prevedere e quindi preparare attrezzature e linee di laminazione in funzione degli interventi previsti e quindi maggiormente idonee al tipo di lavorazione che si andrà ad eseguire. I benefici sono evidenti: riduzione degli interventi straordinari durante i cicli produttivi e compressione dei tempi di setup della linea.

CONCLUSIONI

Sebbene le applicazioni siano davvero chiare, i potenziali ambiti applicativi ed i possibili benefici noti, scavando sotto la superficie del termine IoT, la ricerca sviluppata dal Laboratorio SCSM dell’Università degli Studi di Brescia, sta portando alla luce un livello di comprensione ed utilizzo vero e proprio della tecnologia molto limitato all’interno delle imprese manifatturiere. Le aziende coinvolte nell’indagine segnalano come elemento maggiormente ostativo alla diffusione delle tecnologie, la difficoltà nel reperire risorse interne competenti su questi temi, che possono però essere ricercate in provider di tecnologia esterni.

Oltre ad un mancanza di competenze tecnologiche esterne all’azienda, oggigiorno la scarsa diffusione di politiche di service avanzato che prevedano l’uso della tecnologia può essere legata ad un altro aspetto molto rilevante, questa volta endogeno alle aziende manifatturiere, di natura culturale.

Il processo di servitizzazione può essere molto complesso e articolato: come dimostrano gli studi di della sezione Machinery di ASAP SMF, coordinata dall’Università di Brescia, una delle principali difficoltà verso l’adozione di nuove offerte orientate al servizio, risiede nell’incapacità da parte del costruttore di gestire correttamente il rischio operativo e di sensibilizzare il cliente verso una nuova cultura del servizio. La definizione di politiche e strategie di service avanzate dipende infatti da quanto il fornitore può essere “sicuro” delle performance nel tempo dei propri prodotti e del corretto utilizzo degli stessi da parte dei clienti: per questo quindi la creazione e gestione di un database di informazioni raccolte ed elaborate in real time dalla base installata grazie alle nuove tecnologie, diventa un elemento centrale per lo sviluppo di nuovi modelli di business orientati all’utilizzo.

NOTE

  1. Brax, S. and Jonsson, K. (2009), “Developing integrated solution offerings for remote diagnostics”, International Journal of Operations & Production Management, Vol. 29 No. 5, pp. 539-60.
  2. Commissione Europea, maggio 2014 – Pier Paolo Padoan, settembre 2014 – Mario Draghi, ottobre 2014
  3. Chris Anderson, “The Long Tail: Why the Future of Business is Selling Less of More”, 2006
  4. Disruptive technologies: advances that will transform life, business, and the global economy, McKinsey Global Institute, Maggio 2013
  5. The next big thing, Scientific American, Maggio 2013
  6. The Internet of Things: How the Next Evolution of the Internet is Changing Everything, Cisco, Aprile 2011
  7. In data 05/12/14 sono state intervistate 60 aziende. La ricerca proseguirà sino a febbraio 2015

A cura di Federico Adrodegari e Massimo Zanardini, Laboratorio di ricerca SCSM – Supply Chain and Service Management – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università di Brescia

Articolo pubblicato sulla rivista ICT Security – Marzo 2015

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