Telegram: luci e ombre di una delle più note app di messaggistica

Ha da poco compiuto dieci anni, continuando a veder aumentare i numeri dei propri utenti e confermandosi tra i servizi di comunicazione istantanea maggiormente diffusi al mondo.

Ma quanto sappiamo davvero della storia di Telegram?

Chi è il proprietario di Telegram

Vegetariano, taoista e di ispirazione politica libertaria, Pavel Durov sembra corrispondere più al profilo dello startupper californiano che a quello dell’uomo d’affari russo.

Nato nel 1984 a San Pietroburgo ma cresciuto in Italia – a Torino, dove il padre insegna Filologia all’Università – una volta tornato in Russia si laurea nel medesimo campo accademico, allontanandosene ben presto per iniziare la sua ascesa imprenditoriale.
Nel 2006, insieme al fratello Nikolaj, fonda il social network Vkontakte (noto come VK) e resta al vertice finché non viene estromesso dal CdA per via dei ripetuti contrasti con il governo russo; in seguito lascia il Paese e ottiene la cittadinanza dello Stato centramericano di Saint Kitts e Nevis, un’ex colonia britannica tuttora parte del Commonwealth.

A neanche quarant’anni, con un patrimonio superiore ai 17 miliardi di dollari, Durov si colloca al 115º posto fra le persone più ricche del mondo nella classifica Forbes del 2022.

Dov’è stato creato Telegram

Telegram vede la luce nel 2013: inizialmente la sede legale dell’omonima società (avente natura di organizzazione non a scopo di lucro) è a Berlino, per poi spostarsi a Dubai.

Da subito caratterizzata da un’estrema semplicità di utilizzo e da feature originali, come la possibilità di condividere sticker o di modificare i messaggi di testo dopo averli inviati, negli anni conquista una larga fetta di pubblico e amplia i propri servizi includendo la possibilità di effettuare chiamate vocali, creare gruppi o canali nonché trasmettere contenuti in broadcast.

Nel 2021 supera i 500 milioni di utenti attivi mensili attestandosi come la terza app di messaggistica istantanea più utilizzata a livello globale, dopo WhatsApp e Messenger, entrambe appartenenti al gruppo Meta.

La sicurezza di Telegram

Sebbene si tratti di una piattaforma privata, i client si basano su software libero e le API sono sempre state disponibili per gli sviluppatori indipendenti (mentre resta segreto il codice sorgente del lato server).

Facendosi sin da subito vanto della centralità attribuita alla riservatezza delle conversazioni fra i suoi utenti, già dalle prime versioni Telegram implementa la crittografia E2E a protezione di tutte le chat.

Introduce poi l’opzione “chat segrete”, per ora non disponibili nella versione web ma nella sola app, di cui non viene conservata alcuna traccia sui server di Telegram e dove è possibile impostare un timer per la cancellazione di tutti i dati scambiati.

Pavel contro Putin

Di padre russo e madre ucraina, Durov è noto per le sue posizioni contrarie alla politica imperialista del Cremlino.

Nel 2014 avrebbe rifiutato di cedere alla polizia informazioni relative ai manifestanti pro-europeisti di Euromaidan, attirando su di sé l’ira degli organi di governo e così motivando la citata estromissione dal Consiglio di Amministrazione di VK.

Il fondatore di Telegram avrebbe anche ignorato l’ordine di bloccare il profilo di Alexei Navalny, tra gli oppositori più noti e temuti di Vladimir Putin; pur avendo poi capitolato, in occasione delle elezioni 2021, circa il blocco dei bot che consigliavano agli elettori i candidati dell’opposizione.

Telegram tra hacker e propaganda estremista

Se l’attenzione alla privacy di Telegram ne fa uno strumento prezioso per la libertà d’espressione – non a caso adottato da giornalisti, attivisti per i diritti umani e persone che vivono in contesti di guerra, come la stessa Ucraina o altri Paesi dell’ex blocco sovietico – non mancano neppure gli utilizzi illeciti, che spaziano dall’elusione del copyright ad attività decisamente più nefaste.

Anche in Italia la Polizia Postale, nel suo rapporto 2022, riferisce di aver indagato su diversi canali in cui venivano condivisi contenuti legati allo sfruttamento sessuale di minori nonché al fenomeno noto come “Revenge Porn”, ovvero la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti ora sanzionata dal’art. 612 ter del Codice Penale, con numerosi gruppi nati esclusivamente a tale scopo.

Ulteriori rischi riguardano la divulgazione di contenuti antiscientifici (massicciamente emersi durante la pandemia da Covid-19) e non ultimo il terrorismo, tanto di stampo jihadista quanto di matrice politica, per lo più a connotazione ultranazionalista o di estrema destra, che qui ha trovato uno spazio “sicuro” per diffondere messaggi violenti ed eversivi.

Come sta accadendo per Twitter/X, oggi per Durov è tempo di scegliere come affrontare il futuro: nell’ultimo decennio molte cose sono cambiate e, anche senza voler rinunciare alle sue ambizioni libertarie, il fondatore dovrà probabilmente accettare di introdurre regole più stringenti per evitare che Telegram si trasformi in una zona franca per i discorsi d’odio e la criminalità digitale, finendo per danneggiare proprio gli utenti a cui voleva fornire uno spazio espressivo.

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